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Economia

E meno male che il sottile filo "rosso" che legava la politica senese con Babbo Monte, per il tramite della fondazione Montepaschi, era ormai quasi allentato del tutto. E la pesante inferenza dell'ente ora guidato da Marcello Clarich, che una volta si sostanziava nel complesso Groviglio Armonioso che regnava a Siena fra istituzioni a marchio Pd, fondazione e banca, era stata definitivamente consegnata ai libri di storia. Un lontano ricordo di tempi quasi leggendari.

Già, perché mentre a Rocca Salimbeni l'amministratore delegato Fabrizio Viola cerca sconsolato di rimettere in carreggiata la banca dopo la bastonata degli stress test confezionando in fretta e furia un piano da presentare alla Bce entro il 15 novembre, da Palazzo Sansedoni, la sede della Fondazione Montepaschi, sembra sia partita una velina indirizzata direttamente al presidente della banca Alessandro Profumo. Il custode dei nuovi delicati equilibri fra i soci dell'istituto di Piazza del Campo.

Quale sarebbe il contenuto della missiva? Secondo i rumors che circolano in terra senese, l'ente, una volta oltre al 50,1% e ora scivolato a un misero 2,5% del capitale, avrebbe fatto ben capire al duo Viola-Profumo cosa non vuole da questa nuova fase di lacrime e sangue. Il successore della combattiva Antonella Mansi avrebbe esplicitamente detto che la Fondazione appoggia tutte le way-out che i due banchieri vorranno predisporre per far saltare fuori i 2,1 miliardi di euro di shortfall indicati da Mario Draghi, ma non la conversione dei Monti-Bond in capitale azionario. Un'operazione che, facendo entrare un nuovo socio (a questo punto ingombrante visto il miliardo da restituire), diluirebbe troppo la Fondazione, spazzandola via e cancellando del tutto quel briciolo di senesità che è rimasta in banca.

La conversione dei Monti-Bond non sarebbe, dunque, come invece Profumo e Viola hanno voluto far intendere ai propri stretti collaboratori, un'opzione che farebbe scattare l'altolà di Bruxelles per un caso di aiuto di Stato (grattacapi, vista la delicatezza della situazione della banca, forse aggirabili con i tecnici della Commissione), quanto un esplicito diktat della Fondazione. Ancora, quindi, un'interferenza forte della politica nella gestione dell'istituto di credito della città del Palio.

Ben vengano dunque la trattativa con il Tesoro per posticipare il rimborso dei Monti Bond (anche se questo significa una vagonata di milioni da cacciare in più al Tesoro in interessi: uno 0,5% aggiuntivo all'anno), da combinare con l’emissione di un prestito obbligazionario subordinato e con la vendita dei gioielli di famiglia come Consum.it o Mps Leasing e Factoring. O, ancora, con la cessione degli sportelli AntonVeneta. Ma non la conversione delle obbligazioni sottoscritte da Via XX Settembre. Per carità. Tant'è che la Fondazione si è detta pure disponibile a cacciare fuori anche i 50 milioni pro-quota che le spetterebbero per sottoscrivere l'extrema ratio di un nuovo mega-aumento di capitale da 2 miliardi per chiudere il conto con la Vigilanza. Operazione difficilmente digeribile in questa fase dal mercato.

Insomma, a Palazzo Sansedoni va bene tutto, fuorché una diluizione senza appello. Il meccanismo di trasmissione del Groviglio Armonioso potrebbe risentirne. Profumo e Viola avvisati.
A buon intenditor...

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