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Economia
Mps, strategia in due tempi per Bastianini. Tre ipotesi per i rischi legali
LaPresse

Prima l'aumento di capitale per poter stare in piedi da sola. Poi, se e quando ci saranno le giuste condizioni, l'aggregazione con il partner. E' un piano in due atti, quello che si profila per Mps. Lo scrive Il Sole 24 Ore, aggiungendo che in un quadro fluido, e in cui ci sono molte variabili in gioco, da quelle politiche a quelle finanziarie, l'istituto più antico al mondo sembra incanalarsi in una gara a tappe. Le prime delle quali, come noto, sono costituite dal varo del nuovo piano industriale e del contestuale aumento di capitale, passo necessario a riportare a galla i ratio patrimoniali. Il punto su entrambi i fronti si farà in occasione del prossimo cda della banca, fissato per giovedì 17 dicembre, quando il Ceo Guido Bastianini presenterà ai consiglieri "una proposta di piano strategico", come spiegato dall'istituto.

Proprio in quella cornice emergerà lo shortfall di capitale della banca, resa patrimonialmente più fragile dalla scissione di Npl ad Amco e dal peggioramento dello scenario, complice la pandemia. Ragionevole che la banca definisca una forchetta di ammanco di capitale - che secondo indiscrezioni di mercato sarebbe compresa tra i 2 e 2,5 miliardi - la cui cifra finale dipenderà dalle scelte operative che verranno prese. A partire dalla revisione dei costi, tema su cui al momento si affollano ipotesi che vanno da 3 ai 6 mila esuberi.

Maggiori tagli, e quindi una riduzione più accentuata dei costi, potrebbero ridurre il fabbisogno, ma è anche vero che con molta meno forza lavoro la banca è destinata a vedere asciugare anche i ricavi. Da qua le valutazioni in corso del management, ma che preoccupano i sindacati e coinvolgono la politica locale. E che sono destinate a chiamare in causa anche lo stesso azionista di riferimento di Mps, il Tesoro che detiene il 64%. Insomma, servirà trovare il giusto punto di equilibrio. Di certo, il piano tracciato da Bastianini con il supporto di Oliver Wyman è per definizione stand-alone: sfumata per ora l'ipotesi UniCredit, al momento non si intravede un possibile cavaliere bianco.

E qualora, come realistico, nelle prossime settimane non ci siano colpi di scena, entro fine gennaio il documento dovra' essere portato sui tavoli istituzionali: della Bce, anzitutto, cui toccherà approvare l'adeguatezza del rafforzamento. E dall'altra parte della Commissione Ue, che da parte sua chiederà di ridefinire gli obiettivi del piano di ristrutturazione concordato nel 2017, in occasione della ricapitalizzazione precauzionale da 8,1 miliardi e del contemporaneo ingresso dello Stato nel capitale. Quali saranno i tempi di questa triangolazione tra Bruxelles e Francoforte e' difficile da prevedere. Nella migliore delle ipotesi, entro aprile si potrebbe avere un riscontro, giusto in tempo per far si' che l'assemblea straordinaria senese approvi il rafforzamento in occasione del via libera al bilancio 2020.

Se così fosse, il capitale verrebbe puntellato entro la chiusura del semestre. C’è poi il problema dei rischi legali, cause per complessivi 10 miliardi di danni tra azioni già avviate e minacciate (la maggiore è quella della Fondazione Mps, che da sola vale 3,8 miliardi di euro). Ma se il numero impressiona -dato che la banca capitalizza 1,1 miliardi- tuttavia esisterebbero "mitigazioni" che potrebbero alleggerire il carico, a vantaggio di Mps e di un eventuale acquirente, con Unicredit in pole position. La partita legale sarà anche sul tavolo del prossimo Cda. Attualmente Mps ha accantonato 900 milioni a copertura di sconfitte in tribunale o transazioni.

Secondo più fonti citate dal Corriere della Sera, si tratta di una cifra tenuta bassa sia per ragioni tattiche sia perche' il reale rischio di soccombenza è stato analizzato nelle singole cause dagli esperti legali, e ancora piu' approfonditamente lo sarà quando usciranno le motivazioni della condanna degli ex vertici Alessandro Profumo e Fabrizio Viola per le operazioni Santorini e Alexandria. Tra Mps, Tesoro e advisor si sta discutendo della separazione delle cause, per la quale ci sarebbero almeno tre strade. La prima e' una garanzia sulle perdite: verrebbe offerta da una società pubblica come Fintecna, Amco o Sace che dietro pagamento di un premio agirebbe da assicuratore.

Ma si starebbe cercando anche un soggetto privato. L'altra strada è quella di un'operazione straordinaria, per esempio un conferimento (stile Amco) oppure una scissione che però esporrebbe comunque la banca acquirente a una responsabilita' solidale, anche se va stabilito per quale ammontare. C'è poi la strada - definita dalle stesse fonti "ragionevole" - di un'eventuale transazione con la Fondazione Mps ma non ci sarebbero comunque al momento trattative avviate, secondo fonti senesi. Si tratta di una partita complessa, sia per valore che per modalità: se Mps pagasse con nuove azioni servirebbe un aumento di capitale e una valutazione delle azioni stesse. C'e' poi un tema di strategia. La transazione sarebbe funzionale a una fusione; ma se il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, grande elettore della Fondazione, vuole mantenere Mps indipendente, viene meno la ratio di un accordo.

Sul fronte dell'azionariato, infine, nel caso dell’aumento di capitale iperdiluitivo, che cosa farà il Tesoro, che a quel punto, a valle di un aumento iperdiluitivo, avrà una presenza nel capitale ben superiore a quella odierna? Qualcuno ipotizza una revisione degli accordi con Bruxelles, che per ora fissano l'uscita a fine 2021. Del resto, si ragiona sul mercato, una volta consolidato il patrimonio e ridefiniti i nuovi target, potrebbe essere anche sensato ridiscutere un allungamento dei tempi di uscita dell'azionista pubblico. L'impegno del oggi e' chiaro e va nella direzione di trovare quanto prima un partner industriale. E qua si arriva al secondo tempo della vicenda Mps, che potrebbe prendere forma a partire dalla seconda parte del prossimo anno. Chi potrebbe essere il futuro acquirente della banca?

Si guarda anzitutto a UniCredit, che per stazza e capacità interne, è il candidato ideale per un'operazione simile. Ma nulla e' scontato. Molto dipendera' infatti dalle mosse del futuro ceo di piazza Gae Aulenti e dalle decisioni del board, che proprio ad aprile 2021 andra' al rinnovo. Difficile insomma che, prima di allora, Unicredit possa prendere una decisione formale in tal senso.

A meno di una (improbabile) accelerazione imposta dai regolatori. Ecco perchè sul tavolo rimane in piedi anche l'altra ipotesi, che si fa strada negli ambienti vicini al M5S e a una parte del Pd, e che vede un accorpamento di Mps con Carige e Banca Popolare Bari. Una soluzione che certo vede il favore dei sindacati, ma che difficilmente potrebbe essere digerita da Bruxelles.

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