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Economia
Musk, Bezos e la lotta sui satelliti. Quanto vale la space economy

Business is business: se ci sono due persone che lo sanno molto bene sono Jeff Bezos e Elon Musk, i due uomini più ricchi del mondo. Hanno approcci manageriali diversi, stili diversi, look diversi e perfino business diversi. Eppure, il terreno di battaglia su cui si confronteranno è il più vasto immaginabile: lo spazio. Perché questa corsa improvvisa? Perché la “space economy” è finalmente (il gioco di parole è d’obbligo) decollata. Secondo i dati più recenti, valeva nel 2019 circa 350 miliardi di dollari e la previsione al 2045 è di 2.700 miliardi. L’Unione Europea metterà sul piatto 16 miliardi tra il 2021 e il 2027 e l’Italia stessa ne investirà 4,7 miliardi. Breve parentesi sul nostro Paese: siamo stati i terzi in assoluto, dopo Usa e Urss, a lanciare in orbita un satellite. E infatti la nostra Space Economy si muove piuttosto bene.

Abbiamo un fondo di venture capital specializzato, Primo Space, che si sta progressivamente ingrandendo. È di oggi la notizia che Leaf Space, azienda italiana specializzata nella fornitura di servizi di ground segment per microsatelliti incubata in I3P, l’Incubatore del Politecnico di Torino, ha completato il proprio round di investimento Series A di 5 milioni di euro a cui ha preso parte anche Primo Space.

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Elon Musk

Logico però che i riflettori rimangano puntati sui due più affermati attori – piaccia o meno – dell’economia contemporanea. Bezos ha sempre mantenuto un approccio più pragmatico, ponendosi come obiettivo quell’aforisma tipicamente anglosassone che recita “sky is the limit”. Ha deciso che avrebbe costruito il magazzino più grande del mondo e lo ha fatto, resistendo a varie crisi economiche e conquistando la vetta della classifica dei più ricchi. E come ci è riuscito? Marginalizzando su altri fronti come ad esempio i server di Aws, per anni il business di gran lunga più lucrativo per lui. E oggi che l’e-commerce è letteralmente esploso causa Covid, Bezos può rilanciare la sfida allo spazio. La Blue Origin è nata addirittura nel 2000, inizialmente con l’obiettivo di portare turisti nello spazio. Poi, progressivamente, l’obiettivo si è spostato alla collaborazione con gli enti nazionali per la realizzazione di veicoli per l’accesso allo spazio orbitale e suborbitale. Vale un miliardo di fatturato e impiega 2.500 persone. Noccioline, per uno come Bezos, ma intanto l’azienda c’è e cresce.

Musk invece punta sull’effetto “wow” e con Tesla lo ha dimostrato: cambiare il paradigma della mobilità. Perché, piaccia o meno, tutte le case automobilistiche si sono dovute confrontare con il gioiellino sudafricano. A mano a mano che Tesla diventava realtà, Musk ha spostato l’obiettivo verso lo spazio, con la creazione di SpaceX, che oggi fattura due miliardi e dà lavoro a 8.000 persone. Anche l’azienda delle stelle del magnate sudafricano è “antica”, nata nel 2002 ma divenuta operativa solo quattro anni fa.

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Jeff Bezos

E dunque perché lo scontro tra titani? Per due motivi: il primo è quello del dominio sulla rete, il secondo è quello dello sviluppo del traffico commerciale tra la Terra e lo spazio. I satelliti di Starlink, la costola di SpaceX deputata alla connettività, hanno già iniziato a venire lanciati e il ritmo con cui avverranno nuovi decolli nei prossimi mesi è vertiginoso: 7.500 satelliti a bassa orbita per dare la banda larga a tutto il mondo senza piantare nemmeno un palo del telefono. Un obiettivo clamoroso se si pensa che in Italia ci sono intere aree in cui internet rimane una sorta di miraggio.

E quando Musk dice che non bisogna interferire con un progetto già in corso come Starlink – cui vorrebbe abbassare la quota di orbita per migliorare la connettività – in favore di progetti futuribili, dice una mezza verità. Perché il rovescio della medaglia è tagliare fuori dalla corsa i concorrenti più agguerriti, Amazon in testa.

Per quanto concerne invece i lanci di cose o persone, la Nasa ha già stretto collaborazioni con SpaceX, perché riduce notevolmente i costi di gestione e soprattutto fornisce l’infrastruttura, togliendo all’agenzia spaziale americana un bel peso. Se, prima, le space agency dovevano mettere a budget circa 60 milioni di dollari per un singolo lancio, oggi i costi si sono abbassati drasticamente: Musk, infatti, ha lanciato una sottoscrizione online con i suoi Falcon 9 che consente di accaparrarsi un posto sul vettore a partire da un milione di dollari per componenti fino a 200 kg, con un sovrapprezzo di 5.000 dollari al kg. Un autentico servizio on demand che permette di definire l’orbita preferita: intorno al Sole, polare. Non solo: è anche possibile sottoscrivere assicurazioni che coprono fino a due milioni di dollari l’oggetto spedito in orbita.

Il clash of titans è appena agli inizi, ma la temperatura inizia già a salire. Per il rumore tocca aspettare: nello spazio – si sa – i suoni non si propagano.

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