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Economia
Non mandate Draghi al Quirinale: Super Mario ora deve riformare il Patto Ue

Le linee guida sul come riformare il Patto restano ancora ignote, ma il monito è chiaro: serve discutere per cambiare. Necessità confermata anche dal Ministro dell'Economia e delle Finanze Daniele Franco che in un’intervista al Corriere della Sera afferma: “Penso che nei prossimi trimestri dovremmo evitare una stretta prematura della politica di bilancio in Europa che rischierebbe di inficiare l’impulso alla crescita indotto dal progetto Next Generation EU”. “Credo che le nuove regole debbano evitare effetti pro-ciclici, essere disegnate in un modo che siano ragionevolmente semplici da gestire e da far rispettare. Nell’anno si troverà una soluzione: confido in questo”.

Ma le incognite sono parecchie. Dal solito nord d’Europa, in primis dalla Germania, in vista delle elezioni legislative del 26 settembre, tira un’aria diversa: il candidato alla cancelleria per i cristiano-democratici, Armin Laschet, ha già messo in chiaro le priorità: ripristinare le regole fiscali nell’Eurozona e riallinearsi al rigore pre pandemia. Così come rigettare  la mutualizzazione dei debiti e di un nuovo Patto di Stabilità, considerando il Next generation Eu come uno strumento una tantum. Ma a pesare sul post Merkel saranno anche le posizioni dei Verdi, probabilmente a guida Baerbock e futuri alleati di governo, che puntano all’Unione fiscale europea, dichiarandosi favorevoli all’emissione di debito comune e a “un Patto annacquato”.

Sulla stessa scia rigorista anche il falco del nord, l’Austria, che ha alzato subito un muro di fronte alla riforma del Patto ed esclude “la possibilità che l’euro divenga una “unione di debiti”. Mentre a ovest, in Spagna, il premier Pedro Sanchez viene accusato di “scommettere sulla ripresa post pandemia solo per guadagnare consensi”.

E al centro corre l’Italia con l’ex banchiere Draghi che dopo essersi portato a casa la fetta più grande del Recovery Plan europeo: 191,5 miliardi da investire nella ricostruzione del Paese tra infrastrutture, digitalizzazione, ambiente e politiche lavorative, si appresta a giocare la carta calda del patto di stabilità in un’Europa in piena trasformazione.

Dall’addio di Merkel al prossimo arrivederci di Le Pen e Macron, fino all’ascesa verde del Nord, sarà forse Mario Draghi il mediatore nei Palazzi di Bruxelles, l’uomo in grado di colmare il vuoto di potere trascinando a una sintesi i diversi interessi nazionali in ambito comunitario? L’Italia dovrebbe scommetterci, per il credito internazionale dell'ex Bce, a meno che i partiti, con miopia, non gli consentano di giocare una partita fondamentale per il nostro Paese spedendolo al Quirinale prima del tempo.

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