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Philip Morris Italia, presentato il Rapporto Censis su engagement e produttività nel lavoro
Frega (Philip Morris Italia): “Il nostro impegno è costruire un ambiente di lavoro dove ciascuno possa sentirsi valorizzato”

Philip Morris Italia presenta il Rapporto Censis su engagement e produttività: motivazione e coinvolgimento come motori della crescita aziendale
Per accrescere la produttività, le imprese devono imparare a trasformare la motivazione e il coinvolgimento dei dipendenti in strumenti strategici. È quanto emerge dal Rapporto “Engagement e produttività. Più produttività attraverso la leva della motivazione e del coinvolgimento sul posto di lavoro”, elaborato dal Censis su incarico di Philip Morris Italia e basato su un campione rappresentativo di lavoratori dipendenti. I risultati del rapporto sono stati presentati a Roma da Fulvia Santini, ricercatrice del Censis, e discussi da Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis, insieme a Ciro Cafiero, avvocato giuslavorista, Don Andrea Ciucci, Coordinatore dell’Ufficio centrale della Pontificia Accademia per la Vita, Pasquale Frega, Presidente e Amministratore delegato di Philip Morris Italia, Lorenzo Malagola, Segretario della X Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, e Mattia Pirulli, Segretario Confederale della Cisl.
Dall’indagine risulta che oltre la metà degli occupati (54,0%) individua nella retribuzione più competitiva la chiave principale per aumentare l’engagement. Tuttavia, il benessere non si esaurisce nell’aspetto economico: quattro lavoratori su dieci chiedono migliori condizioni di lavoro e maggiore attenzione al benessere psicofisico, il 32,0% desidera più benefit aziendali e il 26,9% punta a una maggiore flessibilità, anche attraverso lo smart working. Il livello di motivazione varia sensibilmente con l’età. Nel complesso, il 79,3% dei lavoratori si sente molto o abbastanza motivato, ma tra i più coinvolti si distinguono gli over 55, cresciuti con una forte identificazione nel lavoro: il 37,5% di loro si dichiara infatti molto motivato. Nelle fasce più giovani, tra i 18 e i 44 anni, la motivazione cala drasticamente, con solo il 24,3% che afferma di nutrire un forte interesse per la propria attività. Tra le cause di questo calo emergono il disallineamento tra competenze e mansioni: solo il 27,2% ritiene che le proprie competenze siano pienamente adeguate al ruolo ricoperto, mentre il 13,7% evidenzia una forte discrepanza, percentuale che sale al 16,8% tra i 18-34enni e scende al 6,3% tra gli over 55.
Anche la percezione del lavoro come valore centrale cambia con le generazioni. Quasi la metà degli intervistati (47,8%) ritiene che il lavoro abbia perso importanza o non sia mai stato una priorità, opinione diffusa soprattutto tra i 18-44enni (54,1%). Al contrario, il 66,3% dei lavoratori più maturi resta legato a una visione tradizionale in cui l’attività professionale rappresenta un pilastro della vita personale e sociale. Tuttavia, cresce una diffusa sensazione di disincanto: quasi un lavoratore su due ammette di sentirsi spesso o occasionalmente distaccato dalle proprie mansioni, un dato che diventa ancora più critico tra i giovani, dove oltre la metà (53,9%) dichiara scarso coinvolgimento, contro il 34,4% registrato tra gli over 55.
Il fenomeno del disengagement ha conseguenze dirette sul turnover e sulla produttività. Quasi la metà dei dipendenti (44,3%) ha valutato l’idea di cambiare lavoro, percentuale che raggiunge il 64,6% tra i più giovani. Le principali motivazioni riguardano l’esigenza di ottenere uno stipendio più elevato (39,5%), la pressione derivante da stress e carichi eccessivi (28,7%) e la ricerca di maggiore soddisfazione professionale (21,5%). La disaffezione verso il proprio impiego, dunque, non solo mette in discussione la stabilità occupazionale, ma si riflette anche sulla produttività aziendale. Un lavoratore su tre (33,3%) ritiene infatti che il disimpegno abbia effetti tangibili sui risultati dell’impresa, con un impatto più percepito dai senior (45,2%) rispetto ai giovani (25,4%).
“I numeri parlano chiaro: solo il 10% dei lavoratori italiani si dichiara davvero coinvolto nel proprio lavoro e quasi la metà sperimenta una distanza emotiva dalla propria attività”, ha dichiarato Pasquale Frega, Presidente e Amministratore delegato di Philip Morris Italia. “Questo significa che per molti il lavoro non è fonte di motivazione. È una sfida che, come imprese, non possiamo ignorare. Per questo Philip Morris Italia ha scelto di mettere le persone al centro, investendo nella formazione continua, garantendo parità salariale, supportando la genitorialità e favorendo un equilibrio concreto tra vita privata e professionale. Il nostro impegno è costruire un ambiente di lavoro dove ciascuno possa sentirsi valorizzato. E ci impegniamo a portare questi valori e opportunità di crescita alle realtà con cui collaboriamo lungo la nostra filiera integrata”.