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Economia
OBIettivo Mezzogiorno, export Italia a 460 miliardi ma a macchia di leopardo

Export in chiaroscuro nel 2018, secondo l'Osservatorio Banche Imprese Economia e Finanza: raggiunge circa 460 miliardi di euro per un incremento del 3,5% rispetto all’anno precedente. Tuttavia  la crescita non ha interessato tutte le province italiane: tranne Torino che cala del 12,5%, nella gran parte del Nord Italia il valore delle esportazioni aumenta (in primis Firenze +8,8%, Brescia +7%,  Milano +6,4%, Treviso +4,6%)mentre nel Mezzogiorno il quadro si presenta più variegato: dal +3,8% di Napoli a +7,7% di Cagliari, da +3,7% di Salerno a +17% di Siracusa, quest’ultimo dato grazie ai prodotti raffinati del petrolio, dal -7% di Avellino a -1,9% di Bari. Ampie differenze emergono inoltre a livello settoriale come dimostra la riduzione del valore delle esportazioni dei prodotti dell’agricoltura e della pesca compensata dalla crescita del valore delle esportazioni del settore manifatturiero. All’interno di quest’ultimo settore, i diversi comparti evidenziano una dinamica differente a livello provinciale anche se nel complesso, almeno a livello nazionale, si registra una crescita del valore delle esportazioni. Un quadro negativo emerge tuttavia per la maggior parte delle province del Mezzogiorno per le esportazioni dei prodotti tessili e dell’abbigliamento così come per le esportazioni di legno, carta e stampa. Più positivo risulta al contrario il quadro per le esportazioni delle province del Mezzogiorno per gli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici anche se persistono ampie differenze di performance tra le diverse province del Mezzogiorno. Il manifatturiero si conferma il perno intorno a cui si organizza l’intera economia meridionale. L’agricoltura rimane fragile nelle sue performance e nei suoi valori. Con riferimento ai comparti manifatturieri emerge dalla nota dell'organismo barese -guidato dal presidente Salvatore Matarrese (nella foto) e dal direttore generale Antonio Corvino- la persistente difficoltà dei comparti maturi quali il tessile ed abbigliamento che evidenziano una buona tenuta solo in corrispondenza di produzioni ad alto valore aggiunto nelle fasce alte della produzione confermando la necessità del processo di riconversione qualitativa del settore TAC nel Mezzogiorno. Discorso che vale anche per il legno ed arredo. L’agroalimentare conferma le sue grandi potenzialità, frenate tuttavia dalla struttura produttiva, particolarmente evidente nel Mezzogiorno, basata sulla piccola dimensione. Risente della grave crisi che continua ad attanagliate Taranto e tutte le sue componenti, indotto incluso, anche il settore dei metalli; mentre chimica, farmaceutica e settori innovativi presentano performance legate alla capacità di singoli territori ed imprese con ampi margini di crescita che però risentono, anch’essi, delle strategie nazionali piuttosto fragili. Infine l’automotive, e più in generale i mezzi di trasporto, che a livello nazionale rivela la sua debolezza in un momento congiunturale negativo del mercato internazionale. La presenza di importanti stabilimenti nel Mezzogiorno (caratterizzato da una performance positiva) rende questa debolezza preoccupante per le future sorti dell’indotto. Infine, va rilevata la crescita dell’export nei territori caratterizzati da un’offerta logistica adeguata, a dimostrazione che il piano strategico di sviluppo delle ALI (Aree Logistiche Integrate) nel Mezzogiorno deve riprendere con rinnovata lena, anche in vista della nuova programmazione dei fondi strutturali europei per il ciclo 2020/2026. In stretta connessione con le ALI, secondo gli analisti dell’Osservatorio, deve tornare in cima agli impegni governativi per il Mezzogiorno l’istituzione delle Zes che possono mettere a sistema territori e produzioni sul fronte della logistica, degli investimenti, della fiscalità di vantaggio e dell’innovazione. È su questi fronti che si colloca la sfida per riportare il Mezzogiorno in primo piano e sostenerne le esportazioni in vista dell’incremento del Pil e dell’occupazione ad indici percentuali ed a valori assoluti significativi e tali da invertire la tendenza alla stagnazione ancora oggi troppo diffusa.

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