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Economia
Pensioni a 62,63 o 64 anni: le possibili opzioni in campo per la riforma

Pensioni riforme, il manuale di tutte le possibili opzioni di uscita a 62, 63 e 64 anni

Riflettori accesi e puntati sul tavolo governo-parti sociali, atto a individuare la nuova riforma delle pensioni, da abbozzare in vista della presentazione del Documento di economia e finanza (Def) di aprile e da far entrare poi in vigore dal primo gennaio 2023.

Come si legge sul Sole 24 Ore, il nuovo assetto previdenziale dovrebbe continuare a essere modellato sulla legge Fornero, ma con l’aggiunta di un meccanismo di uscite anticipate in chiave flessibile, totalmente ancorato però al sistema di calcolo contributivo dell’assegno.

Un “anticipo contributivo” per tutti, con il quale chi uscirà prima sarà “penalizzato” rispetto all’attuale sistema “misto” (in cui è presente una quota retributiva). Ci sono già alcune ipotesi di partenza per uscite con 64, 63 e 62 anni. Ma andiamo ad analizzarle nel dettaglio una per una.

Pensioni, l’opzione uscita a 62 anni con 25 di contributi

Una rielaborazione dell’opzione “64+20” è quella con una soglia anagrafica minima a 62 anni, accompagnata magari da un requisito contributivo leggermente più elevato, per esempio 25 anni. Una soluzione con cui verrebbe recepita, seppure soltanto parzialmente, la richiesta dei sindacati di consentire i pensionamenti anticipati già al raggiungimento dei 62 anni d’età, anche se in questo caso l'assegno sarebbe tutto ricalcolato con il “contributivo”.

Pensioni, l’ipotesi di uscita con 63 anni e 41 di contribuzione

Anche la Lega poco prima del varo della manovra aveva ipotizzato una possibile uscita con 63 anni d’età e un’anzianità contributiva di 41 anni. Una Quota 104 di fatto che, nello schema del Carroccio, doveva rappresentare una sorta di anticipo di Quota 41, ovvero il pensionamento con 41 anni di versamenti a prescindere dall'età anagrafica.

Pensioni, l’anticipo a 63 anni della sola quota contributiva dell’assegno

Da alcune settimane sul tavolo c’è già anche la proposta formulata dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico: anticipo a 62-63 anni d’età della sola quota contributiva dell’assegno, mentre la fetta “retributiva” verrebbe erogata al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 67 anni. Per utilizzare questo forma di pensionamento anticipato occorrerebbe essere in possesso di almeno 20 anni di versamenti.

Pensioni, l’opzione 64 anni con 20 di versamenti

Tra le ipotesi già valutate dai tecnici del ministero dell’Economia, e inserita anche nel lavoro finale della Commissione tecnica sulla riforma previdenziale, c’è quella di consentire la pensione anticipata, ricalcolata in configurazione contributiva, con almeno 64 anni d’età e 20 di contribuzione al raggiungimento di un ammontare mensile pari a 1,5-2,5 l’importo mensile dell’assegno sociale.

Questa via d’uscita è di fatto già prevista dalla legge Fornero ma solo per i soggetti totalmente “contributivi” (chi ha cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995). Lo stesso canale diventerebbe utilizzabile, ma in forma totalmente contributiva, anche per i lavoratori ancora in parte nel “retributivo”.

Pensioni, il cantiere Ape sociale

La manovra all’esame del Parlamento prevede la proroga di un anno di Opzione donna e dell’Ape sociale in versione estesa a ulteriori categorie di lavori gravosi. I sindacati si confronteranno subito in sede tecnica con i ministri Daniele Franco e Andrea Orlando per verificare la possibilità di allargare ancora il bacino dell’Ape sociale, con emendamenti al disegno di legge di bilancio, ad altre mansioni gravose, ai cosiddetti lavoratori «precoci» (chi ha cominciato a lavorare in giovanissima età).

Tra i ritocchi richiesti (anche da una parte della maggioranza) c’è anche quello per abbassare da 36 a 30 la soglia contributiva (in aggiunta al requisito di 63 anni d’età) per l'accesso dei lavoratori edili all’Anticipo pensionistico sociale, così come proposto dal presidente della Commissione tecnica sui lavori gravosi, Cesare Damiano.

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