L'Opec non taglia la produzione di petrolio: il prezzo crolla ai minimi dal 2010
Come prevedevano i mercati, il cruciale vertice dell'Opec convocato oggi a Vienna si e' concluso con la decisione di lasciare immutata la produzione a 30 milioni di barili al giorno. La posizione attendista dell'Arabia Saudita e degli altri paesi del Golfo Persico ha quindi prevalso sulle richiesto di un taglio dell'output portate avanti da Venezuela ed Ecuador, che speravano in una riduzione dell'offerta che frenasse il crollo dei prezzi, scesi del 35% dall'inizio dell'anno a causa dell'eccesso di offerta creato dal boom dello shale oil in Usa e dal calo della domanda europea, legato alla crisi economica.
Un crollo che non ha fatto che accelerare una volta appresa la scelta del cartello, che conta per un terzo della produzione mondiale di greggio. Il barile di light crude scambiato a New York e' sceso a 67,75 dollari, in calo di quasi 6 dollari, la quotazione piu' bassa dal maggio 2010. A Londra il barile di Brent ha invece aggiornato a 71,25 dollari il proprio minimo da quattro anni.
Ribassi che hanno avuto un effetto anche sui mercati azionari, alimentando le vendite sui titoli delle compagnie petrolifere. Total ha chiuso la seduta con una perdita del 4,42%. Pesanti anche Royal Dutch Shell (-4,26%), Bp (-2,94%) e Repsol (-1,60%).
I dodici paesi dell'organizzazione, si legge nel comunicato diffuso alla fine del vertice, "hanno deciso di mantenere il livello produttivo a 30 milioni di barili al giorno". Riad e i suoi alleati erano apparsi disposti a venire incontro alle richieste dei 'falchi' (che hanno visto sfilarsi parzialmente l'Iran, il cui ministro del Petrolio, Bijan Namdar Zanganeh, aveva incontrato ieri il suo potente omologo saudita, Ali al-Naimi, e aveva parlato di "posizioni molto vicine" e "unita' di vedute") solo in cambio di una revisione a loro favore delle quote sui mercati piu' competitivi, in particolare gli Usa.
Pare non sia stata nemmeno trovata una soluzione di compromesso sul ritiro dal mercato delle quote eccedenti agli obiettivi, che, secondo i dati Aie, il mese scorso avrebbero ammontato a 600 mila barili al giorno. "Dovremmo ritirare la sovrapproduzione del mercato", ha infatti commentato il ministro degli Esteri venezuelano, Rafael Ramirez, promettendo di "mantenere i contatti con i paesi non Opec". Contatti che, nei giorni scorsi, non hanno sortito grandi risultati.
Si erano infatti conclusi con una fumata nera anche i colloqui tra l'Arabia Saudita e due importanti produttori estranei al cartello: Messico e Russia. Nondimeno, il colosso petrolifero russo Rosneft ha annunciato l'altro ieri di aver ridotto di 25 mila barili al giorno la propria produzione (un taglio pari all'1%) a causa delle "condizioni del mercato".
Intanto il rublo ha toccato nuovi minimi storici sia sull'euro che sul dollaro proprio sulla scia dell'annuncio giunto da Vienna.
"La decisione dell'Opec e' di lasciare che sia il mercato a stabilizzare i prezzi", sottolinea l'economista Alberto Clo', "controllare un aumento dei prezzi e' relativamente facile, controllare una caduta libera non lo e' affatto: la decisione di oggi vuol dire che l'Opec non puo' e non vuole intervenire, anche perche' l'attuale eccesso di offerta e' composto soprattutto da greggi leggeri e non da greggi pesanti, come quelli prodotti da Riad". Ed e' difficile prevedere che il quadro, almeno dal punto di vista della domanda, sara' mutato in modo significativo a giugno, quando e' previsto il prossimo vertice dell'Opec, che sara' il primo a essere presieduto da una donna. Il cartello ha infatti nominato oggi alla presidenza il ministro del Petrolio nigeriano Diezani Alison-Madueke, che manterra' l'incarico per un anno.