Infrastrutture,dogana e puntualità: così l'Italia perderà la sfida dei porti
Senza una chiara e seria politica di ammodernamento della logistica portuale, gli scali italiani rischiano di perdere la sfida sia con i nuovi competitor sia con quelli storici. Anzi, rischiano di non disputarla. I principali porti che si affacciano sul Mediterraneo hanno già proceduto ad ingenti investimenti finalizzati ad ammodernare le infrastrutture e ad accogliere le grandi navi container, quelli italiani -ad eccezione di Genova che ha approvato il Piano triennale 2015-2017 per 303 milioni di euro- invece sono in ritardo o ancora al palo. Dimenticando che nel 2014 il commercio mondiale è avvenuto per l’80% in volume via mare e per il 70% in valore. E che la filiera marittima sta diventando sempre più l’elica dell’economia nazionale e propulsore dell’internazionalizzazione delle imprese.
Tanto per citare dei dati che Srm, il Centro studi di Intesa Sanpaolo, renderà noto venerdì 23 gennaio nel corso di un convegno sulle infrastrutture e il Mediterraneo promosso dal Centro Einaudi di Torino, nel 2014 i traffici in transito per il Pireo sono cresciuti del 20%, Tangeri vola addirittura con un incremento del 40% e con una minore percentuale Algesiras che con 4,3 milioni di Teu movimentati ha superato Valencia nel traffico container. Senza contare l’Egitto che ha varato un progetto da 8,2 miliardi di dollari per l’allargamento del Canale di Suez, un intervento infrastrutturale che, entro il 2015, raddoppierà di fatto il numero il numero delle navi in transito che passeranno da 49 a 97 unità al giorno. Oggi il 29,5% delle merci destinate all’export viaggia via mare e il 47,8% dei Teu è movimentato nei porti meridionali per un ammontare di oltre 48 milioni di euro.
E questo grazie alla buona performance di Gioia Tauro che, con 3,09 milioni di Teu movimentati, cresce del 13,6% rispetto al 2013. Bene anche La Spezia con un +4%.
Secondo gli analisti di Srm, nel 2015 il traffico container aumenterà del 5,5% in Italia e si registrerà un incremento dell’1,1% delle società di capitali nel comparto dello shipping. Per rispondere però alle sfide dei nuovi competitor occorre portare a termine non solo i piani di ammodernamento delle infrastrutture logistiche, ma eliminare anche le criticità relative alle procedure doganali e alla puntualità delle spedizioni (l’Italia rispettivamente è al 27° e 18° posto nel ranking mondiale); disfunzioni che comportano una perdita di 19 giorni per esportare e 11 per importare un container rispetto ad una media minore dei porti Ue. Inoltre, il costo della logistica è più alto dell’11% rispetto alla media europea. Un divario che crea un onere per il sistema delle imprese stimabile in circa 12 miliardi di euro l’anno.
Eduardo Cagnazzi