Rcs, l'asta mette il turbo: collocati tutti i diritti. Tra gli acquirenti spunta Cairo

Dopo una prima giornata fiacca, l'asta sui diritti inoptati per l'aumento di cappitale di Rcs ha messo il turbo. La vendita si è chiusa infatti con tre giorni di anticipo.
Sono stati dunque collocati tutti i 15 milioni di diritti per la sottoscrizione di azioni ordinarie, equivalenti a circa l'11% del capitale sociale del gruppo editoriale. Un pacchetto che sarebbe finito delle mani di un gruppo di soggetti esterno al patto e degli attuali azionisti. Sul mercato è circolata la notizia di un "grosso blocco" di diritti rilevati da un unico acquirente, che avrebbe raccolto la maggior parte dell'inoptato. Dalla lettura del libro degli ordini - visualizzato da alcune fonti qualificate - risulterebbe invece che siano quattro intermediari ad avere raccolto, in quattro ordini consistenti e di simile grandezza, buona parte dei diritti e che un'ulteriore piccola quota sia stata acquistata da una ventina di piccoli intermediari.
Gli intermediari che si sono mossi questa mattina - secondo quanto riferiscono fonti finanziarie - non sarebbero riconducibili ad alcuno degli attuali grandi soci del gruppo editoriale, ma principalmente a dei fondi. Con certezza si sa che né la Fiat, già salita al 20%, né Diego Della Valle hanno ulteriormente accresciuto le loro partecipazioni (il patron di Tod's, che ha in portafoglio l'8,8% di Rcs, ha fatto sapere che l'imprenditore "non ha mai avuto interesse" a rilevare l'inoptato).
Al momento non si esclude che un unico acquirente possa avere suddiviso il suo ordine tra diversi intermediari, prassi spesso utilizzata anche per mantenere l'anonimato; in ogni caso, se un solo acquirente avesse sottoscritto una quota superiore al 2% dovrebbe comunicarlo nei prossimi giorni alla Consob. Dietro la manovra, secondo alcuni rumors, ci sarebbe Urbano Cairo, editore dell'omonimo gruppo editoriale e de La7.
Fuori dalla partita, secondo quanto trapela dai rispettivi entourage, alcuni possibili 'indiziati', come il fondo Investindustrial di Andrea Bonomi o l'ex a.d. di Capitalia, Matteo Arpe, attivo attraverso Sator. Tra le ipotesi che circolano, c'è anche quella che i diritti possano essere stati tolti dal mercato, cioè che siano stati comprati, ma non saranno esercitati. Un'ulteriore incognita è legata al destino della quota compresa tra il 6% e il 10% del capitale corrispondente ai diritti gia' sottoscritti ma di cui non risulta traccia nell'azionariato rilevante del gruppo.