"Recessione destinata ad aggravarsi. Banche sotto pressione a Piazza Affari" - Affaritaliani.it

Economia

"Recessione destinata ad aggravarsi. Banche sotto pressione a Piazza Affari"

Buddy Fox

Intervista a Gaetano Evangelista (analista e capo di Age Italia)

9 marzo 2009 - 9 marzo 2019, il bull market compie 10 anni. A memoria il più lungo ciclo al rialzo delle borse, sia in termini percentuali di crescita e sia in termini temporali di longevità. Sicuramente in termini di incredulità e stupore, perché il 9 marzo del 2009, sotto i colpi del ribasso e demoralizzati (se non depressi) dalla catastrofe accaduta, causata dal “credit crunch”, eravamo in pochi a credere alla grande occasione che si stava creando sui mercati.

Il 9 marzo 2009 l’indice S&p500 (il più importante indice del mondo) toccava quota 666 punti, non un numero a casa, e scolpiva il minimo. Da quella quota, in 10 anni, nonostante tutto quello che è accaduto, si è moltiplicato del 300%.

Per celebrare questo anniversario ho voluto intervistare Gaetano Evangelista, non un analista qualunque, ma un analista raffinato, che dalla sua postazione pugliese vede Wall Street molto meglio anche dei colleghi d’oltreoceano.

Gaetano Evangelista (analista e capo di Age Italia) è uno dei pochi ad essere rialzista dal primo momento, infatti la sua “chiamata al rialzo” risale all’Aprile del 2009, e questo bisogna riconoscerglielo, come il fatto che da quell’Aprile a oggi, nonostante i dubbi (fisiologici) di percorso, è stato uno dei pochi a mantenere la barra dritta.

A chi se non a lui potremmo chiedere cosa ci aspetta per il 2019, un anno che dopo le difficoltà del 2018, si apre con grandi possibilità e occasioni d’investimento e guadagno. Ma saranno vere opportunità o sono delle trappole? A Gaetano Evangelista chiediamo di rendere il dilemma un po’ meno complicato.

Buongiorno Evangelista, ha visto che sprint questo inizio 2019? Dopo un Dicembre da ecatombe, un Gennaio da resurrezione. Lei che abilmente aveva anticipato la debolezza, se l’aspettava una reazione del genere?

Francamente no, non di questa intensità. A posteriori, è evidente che l’eccezionalità del recupero di gennaio è proporzionale e speculare al crollo di dicembre. È come se il mercato si fosse accorto di aver esagerato verso il basso, e si fosse prodigato nel correggere gli eccessi. 

 

Il Dow Jones ha fatto +7,17%, un Gennaio così non si vedeva dal 1989, e ancor più brillante fu quello del 1987 con un rialzo del 13,82%. Proprio in quel periodo nelle sale si proiettava il film “attrazione fatale”, oggi come allora è tornata per gli investitori l’attrazione per la Borsa e per il toro?

Avremmo dovuto capire ciò che stava per succedere, osservando l’esodo biblico degli investitori dagli investimenti azionari all’inizio dell’anno. Ned Davis Research cura una interessante statistica che cumula i flussi in entrata e uscita dei fondi comuni e degli ETF azionari, vista la dilagante popolarità delle gestioni passive.

E ha rilevato ad inizio anno un deflusso netto pari a 94 miliardi di dollari nelle quattro settimane precedenti. Un dato senza eguali.

Ho interpellato il database di ICI, e ho scoperto come, in rapporto alle masse amministrate, l’emorragia di dicembre abbia sfiorato l’1%: una circostanza non così infrequente durante gli anni Ottanta, ma che negli ultimi 39 anni è stata registrata soltanto altre tre volte: a settembre 2001, a luglio 2002 e a settembre 2008. In tutti i casi ciò non impedì l’ulteriore sacrificio di prezzo nei mesi successivi, sebbene l’esodo sia stato registrato a downtrend ormai maturo, e a relativamente poche settimane dal minimo definitivo.

 

Secondo la statistica compilata dallo  “Stock Trader’s Almanac”, l’annuario che gli operatori di New York venerano come un testo sacro, si scopre che solo un’altra volta, nel 1980, si è assistito a un mese di dicembre brutto come quello del 2018, un segnale che non promette nulla di buono. In più si segnala che tutte le volte che è mancato il “rally di Natale” s’è sempre rivelato una delusione. Dopo un Gennaio simile a quello del 1987, non è che rischiamo di andare incontro a una brutta sorpresa come quella dell’ottobre dello stesso anno?

Da questo punto di vista posso confortare i lettori: Babbo Natale si è manifestato, seppur con ritardo. Il Santa Claus Rally, per Jeffrey Hirsch, è la finestra temporale che racchiude le ultime cinque sedute dell’anno, e le prime due dell’anno successivo. E nel 2018-19 il SCR è stato positivo, come saldo, al pari delle prime cinque sedute dell’anno e dell’intero mese di gennaio. Secondo il curatore dello STA, questa “trifecta” produce una probabilità del 90% di conseguire guadagni nei dodici mesi successivi, storicamente parlando.

Lei non so se segue l’oroscopo cinese, volevo avvisarla che siamo entrati nell’anno del “maiale”, segno di grande prosperità. L’ultima volta fu il 2007, anno in cui la borsa cinese segnò il record, dall’altra però fu anche l’anno di massimi mondiali prima del grande crollo (crisi 2008). Per il 2019, temere o sperare?

Come dicevamo in apertura, la reazione veemente di gennaio ha spazzato via non poche nubi. Sinceramente resto diffidente. Si scorgono elementi per essere fiduciosi ma almeno altrettanti per essere dubbiosi.

Devo dire, un po’ a malincuore, che per la prima volta da luglio 2016 l’ampiezza di mercato è risultata convincente. Questo era un elemento mancato in tutti i rally sperimentati nel corso dello scorso anno. E questo è un elemento a favore del Toro.

Un altro aspetto confortante è stato costituito dal turnaround January, da questo ribaltamento di sorti. Sul MSCI World il fenomeno è più eclatante di altrove: -7.71% a dicembre, +7.68% a gennaio. Dal minacciato bear market siamo passato ad un inedito mirror market…

Ho ricercato tutti i casi in cui un saldo mensile inferiore al -4% sia stato immediatamente seguito da un saldo superiore al +4%, sull’indice delle borse mondiali. Gli episodi più recenti sono datati giugno 2012, ottobre 2011, marzo 2009 ed ottobre 2002. Non proprio la tempistica migliore per diventare ribassista.

 

Il 2018 è stato l’anno di rendimenti sotto zero per quasi tutte le asset class, un evento raro come la vittoria dello scudetto del Leicester nella Premiership.  Per quest’anno Lei vede il recupero di qualche asset, e quale in particolare Lei preferisce?

In termini total return, secondo gli indici Barclays Bloomberg l’anno passato è stato il settimo, dal 1979, dal ritorno complessivo negativo per i corporate bond. I precedenti incoraggiano: pressoché tutti i casi di performance TR inferiore allo zero sono stati immediatamente seguiti da un anno dai ritorni abbondantemente positivi.

Trovo che questo segmento di mercato vanti un ottimo rapporto fra rendimento e rischio. Al momento abbiamo una raccomandazione di acquisto sul segmento degli investment grade. Sui bond ad alto rendimento aspettiamo un pullback per comprare.

 

Secondo il premio Nobel Paul Samuelson, che con ironia amava pungere il mercato azionario, “è vero che le Borse sono in grado di prevedere il ciclo economico, Wall Street infatti ha previsto 9 delle ultime 5 recessioni”. Secondo Lei dove siamo ora, tra le 5 o nelle 4 sbagliate?

Il punto è proprio questo. Se non fossimo in recessione, il “quasi” bear market negli Stati Uniti sarebbe bello che completato. Un’estensione del ribasso, lo sfondamento del supporto vitale a 2400 punti di S&P500, sarebbero plausibili soltanto se l’economia americana cadesse in recessione. Una ipotesi al momento da escludere.

Però ci sono due aspetti che non tornano. Il primo è di natura macro. L’Economic Data Change Index di Citi, che misura in parole povere lo stato di salute di una economia, è sceso negli Stati Uniti a livelli persino inferiori a quelli del 2015-16, quando pur ci fu negli USA una recessione “nominale”. A livello globale l’EDCI è precipitato ai livelli più bassi dal 2008. E non si scorge nessuna reazione. La questione recessione sì / recessione no non ha ancora ottenuto risposta.

Nel frattempo, e ci spostiamo a livello micro, negli USA i profitti aziendali deludono. Ovviamente mi riferisco del primo trimestre di quest’anno, per cui si parla per il momento di stime: che suggeriscono per gli EPS operativi una clamorosa contrazione rispetto al Q4. Una earnings recession. E questa non è affatto una buona notizia.

 

 

Non crede che con l’avvento degli algoritmi, e con i mercati finanziari totalmente ostaggio delle Banche Centrali, anche le statistiche come molte altre variabili abbiano perso la loro efficacia previsionale?

Sì, è un tema di cui abbiamo parlato nel nostro 2019 Yearly Outlook. JP Morgan calcola che sui mercati di oggi soltanto il 10 percento delle transazioni avvenga alla vecchia maniera: discrezionalmente. Non possiamo escludere (mai) che l'approccio “creativo” risulti obsoleto, superato dai tempi. Ma per il momento non si ha evidenza dell'inefficacia dell'analisi tecnica rispetto all'approccio quantitativo puro.

L’alternativa, meno traumatica, mi spiazzerebbe comunque. Un recente articolo  apparso su Forbes, ha fatto luce su una realtà oggettiva: le donne hanno migliore capacità di indagine e di sintesi degli uomini. Forse le macchine prevalgono soltanto perché di sesso femminile...

 

Recessione, per ora tecnica, di cui sembra soffrire cronicamente l’Italia. Debolezza cronica che attanaglia anche Piazza Affari. E’ sempre tra lo scettico e il pessimista nei confronti della nostra borsa?

Credo che il minimo dell’economia italiana sarà raggiunto non prima di luglio. Sicché la recessione non solo ci farà compagnia per ancora almeno due trimestri, ma si aggraverà nella prima metà di quest’anno rispetto a quanto visto nella seconda frazione del 2018.

Non è stato sufficientemente enfatizzato il ruolo delle aspettative delle imprese, letteralmente sbriciolatesi da giugno scorso in poi. La sequenza degli eventi ha bersagliato prima i PMI manifatturieri poi, a ruota, la produzione industriale ed infine il PIL. L’occupazione, classica variabile lagging, seguirà buon ultima.

Se osserviamo tutti gli episodi precedenti di simile accartocciamento dei PMI, notiamo che in tutte le circostanze Piazza Affari ha pagato un pesante prezzo nei mesi successivi. Ecco, penso che da noi il bear market, senza avverbi di sorta, non abbia ancora scontato del tutto un deterioramento macroeconomico – penso che il PIL italiano chiuderà il 2019 a -1%... – che passa oltretutto per la negatività dell’impulso creditizio, e per un credit crunch sempre più minacciato.

 

E su Btp e spread, nonostante le ultime aste siano state un successo, lo considera ancora uno strumento a rischio?

Abbiamo raccomandato di vendere il BTP Future una volta raggiunti i 130 punti. Sotto i 124-125 punti i titoli di Stato italiani tornerebbero sotto seria pressione. E le banche domestiche, vistosamente correlate ai tassi di interesse domestici, pure.

 

Nel Gennaio del 1990 ci fu il crollo dell’indice Nikkei dovuto allo scoppio della bolla immobiliare giapponese, un disastro finanziario che mise in ginocchio il paese per molti anni e indebolì le Banche piene di titoli immobiliari. Lo chiameranno il “decennio perduto”. Una situazione che somiglia molto a quanto accaduto in Italia, dove le nostre banche al posto dei titoli immobiliari si ritrovano come zavorre gli Npl. Siamo a 10 anni esatti dalla crisi, usciremo finalmente dal tunnel?

Il paragone è alquanto calzante. Mi fa piacere che ci sia chi lo tiene in debito conto. In effetti ci sono svariati paralleli fra Italia e Giappone, con il Sol Levante che ci ha anticipato di 11 anni esatti.

Se il confronto a distanza fosse ancora attuale, come dobbiamo credere fino a prova contraria, un massimo a Piazza Affari dovrebbe essere registrato a marzo di quest’anno, prima di un ritorno dell’Orso.

 

Cigno bianco e cigno nero. Quale asset secondo Lei è favorito per il nuovo anno e su quale invece andrebbe decisamente al ribasso?

Da dodici anni a questa parte, è una continua contesa fra pressioni deflazionistiche e impulsi reflazionistici. Le prime, bisogna dire, al momento prevalgono nettamente, e penso possano ancora dettare la tendenza.

Per cui mi libero dall’impaccio della domanda, sostenendo ancora un trade che raccomando da tempo: long su Unilever, short su Unicredit. Ho idea che anche nel 2019 porterà i suoi frutti.

@paninoelistino