Economia
L'inflazione mette ko gli italiani, Rienzi: "Stipendi al palo e caro vita, urge il taglio del cuneo fiscale”
L’avvocato del Codacons: “Bisogna mettere più soldi nelle tasche degli italiani. Come? Con il taglio del cuneo fiscale, così il datore di lavoro potrà versare stipendi più alti, senza essere schiacciato dal peso delle imposte”

Stipendi fermi e inflazione percepita: ecco le proposte di Rienzi (Codacons) per rilanciare il potere di acquisto degli italiani
Nonostante i dati ufficiali segnalino un rallentamento dell’inflazione, milioni di cittadini continuano a percepire un aumento costante del costo della vita. Perché esiste questo divario tra numeri e realtà quotidiana? E quali interventi servirebbero per proteggere il potere d’acquisto delle famiglie italiane? Vincenzo Rienzi, avvocato del Codacons, ai microfoni di Affaritaliani ha offerto una lettura chiara e concreta della situazione economica attuale, evidenziando le contraddizioni tra statistiche e vissuto quotidiano, e proponendo alcune misure urgenti al fine di ridare ossigeno alle tasche degli italiani.
Secondo i dati ufficiali l’inflazione sta rallentando, ma molti cittadini continuano a percepire un aumento dei prezzi. Come si spiega il divario tra inflazione reale e inflazione percepita?
“Il problema dell’inflazione – e delle sue oscillazioni – è legato a un aspetto fondamentale: bisogna analizzare nel dettaglio quali comparti contribuiscono alla discesa dell’inflazione. Perché dico questo? Perché se ogni mese assistiamo, ad esempio, a un calo dei prezzi dei carburanti, ma contemporaneamente aumentano in modo sistematico i prezzi del carrello della spesa o dei libri scolastici (per restare in tema attuale), è naturale che il cittadino percepisca comunque un costante aumento dei prezzi.
Nel caso specifico, è vero che l’inflazione sta registrando un calo – tra l’altro moderato – dovuto principalmente alla discesa del prezzo degli energetici. Tuttavia, a questa diminuzione non fa da contraltare un abbassamento dei costi di beni essenziali come alimentari, materiali scolastici e altre voci di spesa quotidiana. Ecco perché il consumatore non percepisce realmente il calo dell’inflazione.
Inoltre, dobbiamo ricordare che se alla riduzione dell’inflazione non corrisponde un aumento del potere d’acquisto, il cittadino continuerà a sentirsi in difficoltà. Attualmente, il potere d’acquisto risulta ridotto di almeno il 10%. Questo significa che, anche se l'inflazione cala, non si registrano benefici concreti nel portafoglio delle famiglie. Se gli stipendi restano fermi e i prezzi dei beni indispensabili aumentano, il calo dei carburanti può dare solo un’apparente boccata d’ossigeno. Ma tutto il resto continua a pesare, e pesare molto”.
In quali settori i consumatori avvertono maggiormente l’aumento dei prezzi, e perché spesso questa percezione non coincide con i dati ufficiali?
“Non è detto che una diminuzione dell’inflazione comporti automaticamente più soldi nelle tasche degli italiani. Anzi, spesso accade il contrario. L’inflazione, di fatto, rappresenta l’andamento dei prezzi al consumo dei beni che utilizziamo quotidianamente. Quando cala, potremmo aspettarci dei benefici. Ma nella realtà si tratta spesso di benefici solo apparenti. Se il calo dell’inflazione è dovuto esclusivamente alla discesa dei prezzi dei carburanti o delle bollette energetiche, mentre non cala il prezzo del cibo o degli altri beni di prima necessità, il cittadino continua a percepire un aumento del costo della vita.
Questo genera un cortocircuito: i dati dicono una cosa, ma la percezione reale è un’altra. Anche perché parliamo di un ribasso talmente minimo da risultare quasi impercettibile nelle tasche degli italiani. A fine mese, il portafoglio è sempre lo stesso, e il potere d’acquisto continua a rimanere bloccato. Quindi, è difficile percepire un miglioramento”.
Quali strumenti concreti servirebbero oggi per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie italiane?
“Secondo me, l’unico modo per aumentare il potere d’acquisto è mettere più soldi nelle tasche degli italiani. Come? Ci sono due strade: o si abbassano i prezzi – ma farlo comporta seri rischi di recessione – oppure si interviene direttamente sul reddito disponibile. Non servono misure temporanee e limitate: occorrono interventi strutturali e generalizzati, in particolare per le fasce di popolazione meno abbienti.
Servono agevolazioni concrete, ma soprattutto un taglio del cuneo fiscale, in modo che il datore di lavoro possa versare stipendi più alti, senza essere schiacciato dal peso delle imposte. La maggior parte degli italiani ha un contratto di lavoro dipendente: è da lì che bisogna partire, garantendo che il lavoratore veda un aumento reale nella busta paga. Solo così si può restituire potere d’acquisto alle famiglie”.
Il caro vita avanza, ma gli stipendi restano al palo: quali interventi urgenti servirebbero per ristabilire un equilibrio tra salari e costo della vita?
“Servono due azioni parallele: da un lato, una vera lotta all’evasione fiscale – che è tra le principali cause del caro vita e della perdita di potere d’acquisto – dall’altro, misure efficaci per rilanciare la capacità di spesa degli italiani. Non parlo necessariamente di incentivare i consumi, ma di restituire dignità economica ai cittadini, mettendo più soldi nelle loro tasche a parità di lavoro.
Come si fa? L'unico modo è quello di favorire il più possibile il datore di lavoro, alleggerendo i costi fiscali del contratto di lavoro dipendente, ma garantendo chiaramente che il risparmio conseguito dall'imprenditore vada nelle tasche del lavoratore."