Rivolta anti-Visco in BankItalia per le filiali. La lettera dei dipendenti al Governatore
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
I dipendenti di Banca d'Italia non ci stanno a subire la seconda ondata della cura dimagrante avviata in Via Nazionale nel 2008 da Mario Draghi che prevede la chiusura di altre 22 sedi provinciali e prendono carta e penna per scrivere al governatore Ignazio Visco. In una lettera indirizzata al Consiglio superiore della Banca d'Italia che lunedì si riunirà per approvare l'ulteriore piano di tagli (33 le sedi sul territorio già chiuse nel 2008-2009), i sindacati chiedono di stoppare il piano di riduzione delle filiali varato dall'amministrazione, perché “l’arretramento della Banca d’Italia dal territorio produrrebbe un danno irreparabile all’utenza: un impoverimento dell’offerta di servizi, oltre che uno svilimento della stessa funzione sociale della Banca d’Italia”.
Varato da Draghi, fresco di nomina in Via Nazionale, il progetto prevede il passaggio dalle 197 filiali territoriali della Banca d'Italia alle 20 regionali, situate in ogni capoluogo di Provincia per Regione più la sede centrale di via Nazionale. Configurazione che ha portato il numero di dipendenti dalle circa 11 mila unità dell'era Fazio alle 7.500 del 2008-2009, diminuite poi ancora alle 6 mila dell'anno scorso.
I sindacati stimano che il nuovo step della cura dimagrante interesserà circa 300 dipendenti, alcuni dei quali verranno accompagnati alla pensione tramite uno scivolo, mentre gli altri dovranno fare nuovamente le valigie a soli 7 anni dal primo trasferimento. Al termine del piano di riduzione, visto che le intenzioni di Visco e dei propri collaboratori sono quelle di arrivare a una struttura molto leggera che prevede il mantenimento del servizio studi e della vigilanza negli uffici di Roma più le sedi regionali, i dipendenti potrebbero arrivare a 4.000 unità.
I vertici spiegano la necessità della ristrutturazione con il fatto che ormai la funzione di tesoreria è tutta svolta telematicamente e le funzioni di vigilanza sono ormai passate a Francoforte, in capo alla Bce, contestualmente con l'avvio dell'Unione bancaria. Secondo i sindacati, però, la cura dimagrante produrrà anche un danno all'economia locale, per il venir meno di tutta una serie di servizi ai cittadini (e alle assicurazioni, dopo il passaggio del controllo dell'Ivass) e favorirà l'attività della malavita sul territorio (BankItalia collabora con la Gdf, Comuni e Province). Da qui la proposta di frenare l'arretramento dell'istituzione.