Sanzioni Usa sul petrolio russo, ora cambia tutto: "Non ci sono vie di mezzo, i prezzi del greggio sono destinati a schizzare" - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 14:20

Sanzioni Usa sul petrolio russo, ora cambia tutto: "Non ci sono vie di mezzo, i prezzi del greggio sono destinati a schizzare"

Le nuove sanzioni Usa su Rosneft e Lukoil mettono in crisi l’asse energetico tra Mosca e l’Asia, ma dove andrà a finire tutto il petrolio russo? Parla Gianclaudio Torlizzi (T-Commodity)

di Rosa Nasti

Stretta Usa sul greggio russo: "O il mercato assorbe il surplus o i prezzi esplodono"

Washington ha imposto nuove sanzioni sulle due principali compagnie petrolifere del Cremlino, Rosneft e Lukoil, nel tentativo di colpire al cuore le entrate che finanziano la guerra in Ucraina.  Ma quanto potrà incidere davvero questa stretta? Difficile aspettarsi un crollo immediato. Da quando l’Europa ha chiuso i rubinetti all’inizio del conflitto, Mosca si è mossa rapidamente per riconvertire i propri canali commerciali, dirottando milioni di barili verso Asia e Medio Oriente.

Cina, India e Turchia sono diventate i nuovi clienti di riferimento del petrolio russo, garantendo ossigeno alle casse del Cremlino. Ora però, con le sanzioni americane anche questi Paesi si trovano a dover cambiare i propri equilibri. Ne abbiamo parlato con Gianclaudio Torlizzi, fondatore della società di consulenza sulle materie prime T-Commodity.

"La produzione petrolifera russa si attesta intorno ai 510 milioni di tonnellate all'anno, con India e Cina come principali acquirenti. Le sanzioni statunitensi mirano a ridurre i ricavi delle esportazioni russe, che forniscono ancora ≈ 35% del bilancio federale", spiega Torlizzi. "Prendendo di mira contemporaneamente Rosneft e Lukoil, Washington sta segnalando una 'strategia di pressione energetica totale', tagliando fuori la Russia dai capitali occidentali, dalle assicurazioni e dai servizi marittimi, oltre a compromettere un'importante risorsa per la sua economia di guerra".

Inoltre l'esperto aggiunge: "Il prezzo del petrolio è in forte rialzo oggi sui mercati internazionali, sostenuto dalle indiscrezioni secondo cui New Delhi sarebbe pronta a sospendere gli acquisti di greggio russo. La notizia segna un potenziale punto di svolta negli equilibri energetici globali e mette ulteriore pressione sull’offerta mondiale di idrocarburi".

L’India è infatti diventata negli ultimi mesi uno dei principali acquirenti del greggio russo, ma ora, come afferma Torlizzi, il quadro cambia. "Fino a settembre, la Russia ha rappresentato circa il 36% delle importazioni di petrolio indiane, pari a 1,75 milioni di barili al giorno. Una quota resa possibile grazie a sconti record e a un sistema di pagamenti parallelo in yuan e dirham. Tuttavia, le nuove sanzioni statunitensi su Rosneft e Lukoil, annunciate nei giorni scorsi, stanno spingendo il governo Modi a riconsiderare il rapporto energetico con Mosca".

E aggiunge: "Particolarmente esposta è la raffineria di Vadinar, di proprietà di Nayara Energy, controllata al 49% da Rosneft, con una capacità di 400 mila barili al giorno. L’impianto dipende quasi interamente da greggio russo e rischia ora di trovarsi in difficoltà operative".

Quindi la prospettiva di un improvviso dirottamento di oltre due milioni di barili al giorno di export russo solleva domande cruciali, soprattutto su dove finirà tutto questo petrolio? "La Cina sta già acquistando il massimo che riesce a raffinare, mentre altri Paesi emergenti non dispongono di capacità logistiche o finanziarie sufficienti ad assorbirlo", risponde Torlizzi, aggiungendo: "In questo scenario, il mercato globale si trova davanti a un bivio: o riesce ad assorbire il surplus russo attraverso triangolazioni complesse, oppure i prezzi del greggio sono destinati a salire ulteriormente. Non ci sono vie di mezzo".

LEGGI QUI TUTTE LE NEWS DI ECONOMIA