Spesa, export e bilancia dei pagamenti. Cosa non funziona del piano di Savona
Paolo Savona e il suo nuovo piano: un tentativo di interpretazione
Se abbiamo avuto (nel 2017 suppongo) un avanzo nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti, abbiamo prodotto beni e servizi per piu' di quanto ne abbiamo assorbito domesticamente. Come i tedeschi hanno sempre desiderato che noi facessimo, li abbiamo imitati, quindi ora potrebbero prendere sul serio le nostre rivendicazioni.
Dunque, osserva Savona, a parita' di Pil, potremmo far ridurre le esportazioni e aumentare la spesa pubblica, in particolare gli investimenti pubblici, senza andare oltre i nostri mezzi. Con l´approvazione della Germania, quindi: forse. Sin qui lo seguo, o forse lo interpreto.
Poi viene il bello: questi investimenti pubblici metterebbero in moto il moltiplicatore keynesiano che creerebbe una tale espansione nel Pil e nel gettito, da permetterci di fare tutto quello che Di Maio e Salvini hanno promesso.
Fantastico! Due obiezioni: (i) che ne sarebbe del saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti? (ii) supponiamo che le esportazioni, una voce ormai residuale nel ragionamento, si riducano mentre aumentano gli investimenti pubblici. Ma anche alla riduzione delle esportazioni si applica lo stesso moltiplicatore keynesiano!
Del resto le ipotesi implicite di Savona sono (1) che il Pil sia uguale alla domanda totale di prodotto (domanda domestica piu’ domanda estera) e (2) che si crei una variazione nella composizione, non nella entita’, della domanda totale. Sicche' non ci sarebbe alcuna espansione nella domanda aggregata totale e nel Pil. Ahime'. Ma puo’ darsi che anch´io, nonostante l´impegno amichevole, non abbia ben compreso la tesi di Paolo Savona.