Coronavirus, media colpiti dal panic selling. Rischi per la raccolta adv
I contraccolpi di un rallentamento delle vendite di “big spender” come Campari, Autogrill, Tod’s o Moncler pesano sulle prospettive dei gruppi editoriali
A Piazza Affari il panic selling da coronavirus abbatte l’indice Ftse Mib, che accelera al ribasso e nel primo pomeriggio, dopo l’apertura in calo di oltre il 2,5% di Wall Street, sfiora il -6%. Tra i titoli in maggiore difficoltà si notano anche i titoli editoriali, con gli investitori che più che ai picchi di ascolti e traffico di questi giorni legati al tema “caldo” del coronavirus, sembrano temere ripercussioni sulla tenuta della raccolta pubblicitaria.
Ipotesi non peregrina, visto che lo stesso governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha indicato come sia possibile un impatto negativo nell’ordine dello 0,2% del Pil nel corso dell’anno, suggerendo di usare, per favorire una ripresa, “politiche di bilancio, perché la politica monetaria è già molto accomodante a livello mondiale”. A soffrire maggiormente rischiano di essere i consumi fuori casa (trasporti, ospitalità, ristorazione) e gli articoli di moda-lusso.
Due comparti che coinvolgono alcuni dei “big spender” di riferimento del Sistema integrato delle comunicazioni (Sic) italiano, che da parte sua ha segnato 18,4 miliardi di euro di giro d’affari nel 2018 secondo i dati Agcom. Tra gli inserzionisti che potrebbero subire qualche contraccolpo la borsa ha già messo nel mirino società quotate come Campari, Autogrill, Tod’s, Moncler, Ferragamo.
Ma ripercussioni potrebbero esservi anche per alcune delle matricole attese da tempo a Piazza Affari come Eataly, in procinto di debuttare sin dal 2017 ma sinora costretta a rinviare, o per chi come Bastogi, nome storico di Piazza Affari, in questi anni ha provato a diversificare il business nel comparto alberghiero (con la sigla H2C Hotel). Difficile stimare al momento il contraccolpo che potrebbe subire la raccolta pubblicitaria dei singoli gruppi editoriali quotati. Così al momento la reazione più negativa è quella accusata dalla small cap Blue Financial Communications, sospesa dopo 7.500 titoli scambiati con un ultimo scambio a 1,37 euro, in calo di 23 centesimi rispetto gli 1,60 euro di venerdì scorso (-14,4%).
Ampi cali anche per Rcs Mediagroup (-6%), mentre la Consob sembra voler ulteriormente approfondire l’esame delle procedure e delle tempistiche in seguito alle quali il 21 agosto scorso il Cda aveva deliberato la manleva concessa sul caso Blackstone ad Urbano Cairo, presidente ed amministratore delegato del gruppo oltre che suo azionista di riferimento. Manleva comunicata al mercato solo mesi dopo, a seguito di indiscrezioni di stampa.
Cairo Communication stessa oscilla in rosso tra i 5,5 e i 6 punti percentuali, in linea con Mondadori (che oscilla tra il -4% e il -5%) e Mediaset (-7%), quest’ultima colpita da prospettive di una stagione con ascolti in calo per il calcio, a causa della sospensione di alcuni incontri decisa come misura preventiva per il contenimento dell’epidemia.
Male infine anche un editore digitale come Triboo (-7,4%), che solo la scorsa settimana aveva annunciato la nomina di Matteo Cornelli in sostituzione di Giovanni Marino quale nuovo Cfo (direttore finanziario), con efficacia dal prossimo 19 marzo, il giorno dopo che il Cda avrà approvato il bilancio d’esercizio e il consolidato 2019.
Evita il rosso solo Gedi Gruppo Editoriale, che rimane ancorata ai 45,65 centesimi per azione. La performance non fa tuttavia testo, perché come noto dopo che Exor ha rilevato a inizio dicembre il 43,78% in mano a Cir a 46 centesimi di euro per azione, la società dovrebbe entro aprile lanciare l’Opa finalizzata al delisting sui rimanenti titoli in circolazione, sempre a 46 centesimi l’uno.
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