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Economia
Sorpresa, Bankitalia regala soldi agli istituti tedeschi e del Nord Europa

Così Bankitalia paga gli istituti di credito tedeschi e del Nord Europa

Il rialzo dei tassi d'interesse da parte della Bce rimane "l'elefante nella stanza" quando si parla di macroeconomia. La necessità di incrementare il costo del denaro, per placare gli effetti di un'inflazione fuori controllo, si è scontrata ormai da qualche mese con dati fortemente preoccupanti: il rallentamento del pil, il rincaro dei mutui e il credit crunch, cioè il calo di impieghi da parte delle banche verso le imprese. D'altronde, con i tassi più elevati è ovvio che un'impresa rifletta bene prima di chiedere un finanziamento. E che un istituto di credito stringa i criteri di selezione delle imprese cui erogare prestiti. 

C'è un altro tema importante che, per certi versi, sta diventando parossistico: quello delle riserve bancarie. Come fa notare Il Fatto Quotidiano di oggi, e banche commerciali detengono "riserve" presso la banca centrale per due motivi principali. In primo luogo, nell'area dell'euro, esiste un obbligo secondo il quale le banche devono avere riserve pari al 1% dei depositi dei loro clienti. In secondo luogo, queste riserve sono utilizzate per effettuare i pagamenti dei clienti. Ad esempio, quando eseguiamo un bonifico, la Banca d'Italia sposta riserve dal conto della banca A al conto della banca B per coprire la transazione.

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Prima della crisi finanziaria del 2008, esisteva un regime operativo noto come "a riserve scarse" o "a corridoio". In questo regime, le riserve bancarie erano appena sufficienti a coprire l'obbligo di riserva, con un piccolo margine per i pagamenti. Poiché le riserve si spostavano tra le banche in seguito alle transazioni dei clienti, le banche con riserve in eccesso le prestavano a quelle in difetto sul mercato. Tuttavia, per affrontare la crisi finanziaria e la pandemia, la BCE ha messo a disposizione delle banche centinaia di miliardi di euro di riserve, ben oltre le necessità dell'obbligo di riserva. Queste riserve sono state ulteriormente aumentate attraverso l'acquisto di titoli di Stato (noto come quantitative easing), portando il totale delle riserve bancarie a oltre 3.500 miliardi di euro. Questo ha ridotto il tasso di interesse nel mercato interbancario al limite inferiore del corridoio dei tassi, trasformando il sistema in quello che è comunemente definito "a pavimento" o "a riserve ampie". Il tasso obiettivo della BCE è diventato quindi il tasso di deposito marginale.

Fino a quando le riserve erano remunerate a zero o con tassi negativi, questa situazione non presentava problemi significativi. Tuttavia, con l'inizio del rialzo dei tassi nel 2022, la BCE ora paga il 4% sulle riserve in eccesso, il che rappresenta più di 144 miliardi di euro all'anno. Se consideriamo questo importo cumulato su diversi anni, otteniamo cifre notevoli che costituiscono un sussidio effettivo al sistema bancario. E qui arriva la beffa: poiché a "parcheggiare" la maggior parte dell'eccesso di liquidità sono gli istituti di credito del Nord Europa e tedeschi, significa che ogni anno la Banca d'Italia sussidia gli istituti di credito dei "falchi", a scapito dei profitti che potrebbero essere trasferiti al Tesoro italiano. Questa situazione ha suscitato preoccupazioni, in particolare in Italia.

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La questione che si pone ora è se si possa tornare al regime "a riserve scarse". Le banche centrali stanno cercando di assorbire l'eccesso di riserve attraverso il cosiddetto "quantitative tightening", ma le banche si sono ormai abituate al regime "a riserve ampie", che rappresenta un asset sicuro per le regolamentazioni prudenziali. La Federal Reserve e la Banca d'Inghilterra hanno deciso di rimanere in questo regime, riducendo gradualmente le riserve in eccesso. Anche la BCE sembra seguire questa strada.

In conclusione, è importante comprendere che questa politica ha costi non trascurabili per i contribuenti, e sono necessarie soluzioni che tengano conto degli interessi di tutte le parti coinvolte. Potrebbe essere opportuno esaminare l'opzione di ampliare l'obbligo di riserva al 5-10% a tasso zero. Perché, è proprio il caso di dirlo, al momento le banche italiane patiscono il danno e la beffa. 

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