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Economia
Stellantis, cassa in tutta Italia. A macchia di leopardo fino al 28/2

Dopo gli annunci roboanti post-fusione di Carlos Tavares sul fatto che Stellantis, nonostante un’evidente sovracapacità produttiva in Europa, manterrà tutti gli stabilimenti aperti in Italia e le visite di rito del manager in alcune importanti fabbriche del gruppo come Mirafiori e Melfi, qualche preoccupazione sul futuro lavorativo, fra i quasi 47 mila dipendenti italiani, c’è. Non soltanto per la fama di grande razionalizzatore che accompagna Tavares, ma anche perché sulle prospettive produttive per i siti nel nostro Paese iniziano ad addensarsi delle nubi che un po' stonano con i fuochi d’artificio con cui gli investitori hanno accolto a metà gennaio in Borsa le azioni del nuovo gruppo nato dalla fusione fra Peugeot e Fiat-Chrysler.

Tavares
Il Ceo di Stellantis Carlos Tavates

Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, infatti, la settimana di cassa integrazione dall’8 al 14 febbraio, che è stata annunciata un po’ a sorpresa a Melfi (dove si producono i modelli di punta Jeep Compass e Renegade per l'Europa) per i 7201 dipendenti della fabbrica lucana, è stata già preceduta da altri 14 giorni di stop a fine gennaio, nel periodo fra l’11 gennaio e fine mese. Una cassa motivata dall’azienda con problemi di approvvigionamento di parti elettriche ed elettroniche.

Secondo quanto rivelano alcune fonti, queste carenze si sono registrate anche per alcuni fornitori dell’indotto automotive come Bosh, Continental e Marelli. Inoltre, a quanto risulta, nove dei 10 stabilimenti del gruppo Stellantis in Italia (resta fuori la Sevel) faranno ricorso, a macchia di leopardo con qualche giornata, agli ammortizzatori sociali fino a fine febbraio. Stabilimenti che per l’emergenza Covid pre-fusione già lavoravano al 60% della propria capacità produttiva.

Anche in questo caso, Stellantis ha fatto sapere che si tratta di problemi di approvvigionamento, ma alcuni sindacalisti ipotizzano che alla base della scelta ci siano anche problemi di mercato. Facendo la somma dei numeri di Fiat-Chrysler e di Psa, a gennaio il quarto gruppo mondiale delle quattroruote ha immatricolato in Italia 52.542 auto, il 21,7% in meno dello stesso mese del 2019 quando ancora le due società erano separate.

Con le immatricolazioni di febbraio si avrà maggiore visibilità sull’andamento del comparto, soprattutto in Europa, dati con cui si potrebbe leggere in maniera diversa il ricorso di febbraio agli ammortizzatori sociali, in attesa di un passaggio importante. A marzo infatti dovrebbe arrivare il primo piano industriale della coppia Tavares-Elkann, momento di vita aziendale in cui i sindacati, carte alla mano (il Ceo ha promesso che farà un passaggio con le sigle prima del varo delle nuove strategie di business), verificheranno se gli impegni presi a parole da Stellantis, sugli investimenti da sinergie e sugli stabilimenti, verranno rispettati.

Nello stesso momento, pare che le associazioni di rappresentanza dei lavoratori, almeno la Fiom, vogliano bussare alla porta del nuovo inquilino di Palazzo Chigi, Mario Draghi, chiedendo l'apertura di un tavolo sull'automotive, ristretto però ai soli attori del settore delle quattroruote, senza cioè riproporre gli inefficaci meeting allargati sulla mobilità al Mise organizzati dall'uscente ministro Stefano Patuanelli. In quelle stesse settimane arriverà a scadenza anche il blocco dei licenziamenti che potrebbe agitare ulteriormente le acque.

Le tute blu Stellantis in Italia sono 46.915, così divise: 4.095 nel polo produttivo di Torino (a cui aggiungere i 446 di Mirafiori presse, 1104 di Mirafiori motori e 170 di Mirafiori stampi), 602 a Verrone, 955 a Cento, 1.335 impiegati dal marchio Maserati, i 5.940 di Sevel, 3.594 a Cassino, 2.574 a Termoli, 4.486 a Pomigliano, 1.785 a Pratola Serra e, infine, 7.201 a Melfi. 

@andreadeugeni

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