Stretto,Viva l'Italia fra il Ponte e tunnel: WeBuild fattura con o senza Renzi - Affaritaliani.it

Economia

Stretto,Viva l'Italia fra il Ponte e tunnel: WeBuild fattura con o senza Renzi

di Marco Scotti

Ben ottocentoventottomilacinquecentocinquanta giorni: tanto è trascorso dalla prima volta in cui si è pensato di collegare Scilla e Cariddi, le due anime dello Stretto che separa la Sicilia dalla Calabria. Era il 250 avanti Cristo quando il console Lucio Cecilio Metello cercò di unire i due istmi di terra attraverso delle botti, legate a due a due, su cui far transitare gli elefanti per sconfiggere durante la Prima guerra punica Asdrubale. 2271 anni dopo, la situazione poi non è molto cambiata, con svariati tentativi di unire ciò che la natura ha diviso. Nel 1876 ci riprovò Giuseppe Zanardelli, che ebbe a dichiarare “sopra i flutti o sotto la Sicilia sia unita al Continente”. E ancora Mussolini, Craxi e Berlusconi.

Una storia infinita che ogni volta si arricchisce di un nuovo capitolo ma che al momento rimane un rebus irrisolvibile perfino per gli stessi politici. A leggere le dichiarazioni si ha una chiara idea di che cosa significhi la parola rinvio: il Duce annunciò che dopo la guerra avrebbe completato l’opera, ma finì come tutti sappiamo; il 1994 divenne la “deadline” imposta dall’allora ministro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno (un titolo tanto complicato quanto poco concreto…) Claudio Signorile nel 1984. L’anno dopo Craxi posticipò di 12 mesi la messa in esercizio.

E poi via con dichiarazioni da far gelare il sangue, come Nino Calarco che alla domanda se temesse infiltrazioni mafiose rispose che se la mafia fosse stata in grado di costruire il Ponte allora era da considerarsi la benvenuta. Berlusconi, che cavalcò per lungo tempo l’opera, la buttò come suo solito sugli amori e sugli amanti divisi che non potevano aspettare l’alba (e la ripartenza del traghetto) per placare i loro bollenti spiriti. Con il ponte, infatti, si sarebbero potuti congiungere a qualsiasi ora del giorno e della notte. 

Renzi sostiene che nessuno di Italia Viva abbia mai chiesto che nel Recovery Plan venisse inserito anche il Ponte sullo Stretto. Eppure a luglio un tweet proprio del partito fondato dall’ex premier annunciava trionfante che l’unione di Calabria e Sicilia era finalmente nell’agenda del Next Generation Eu. Il presidente del Consiglio Conte annunciava a Ceglie Messapica, durante la Piazza di Affaritaliani.it, che più che il ponte avrebbe visto bene un tunnel, dal costo decisamente contenuto, circa 1,5 miliardi. 

Nel frattempo, però, l’unica cosa che non è rimasta ferma sono le spese. La Società Pubblica Stretto di Messina, ufficialmente costituita nel 1971, è costata 150 milioni di euro per analizzare temi imprescindibili come l’impatto degli uccelli migratori notturni o la percezione dell’opera da parte della popolazione residente. D’altronde, l’eccesso di volatili sulle campate potrebbe far crollare tutta l’opera. E i residenti, che ancora non hanno visto posare una sola pietra, potrebbero avere i sonni turbati da un sistema di trivelle che perforerebbero il canale.

Complessivamente, fino al 2013, anno in cui si proclamò la definitiva cessazione di qualsiasi velleità di realizzazione del ponte, i soldi spesi dalla collettività erano arrivati a 312 milioni di euro. Vanno inserite nel novero anche eventuali penali che prima o poi si potrebbe dover versare alla società che vinse l’appalto: si tratta di Eurolink, il consorzio il cui capofila era Impregilo (oggi confluita in WeBuild) e che chiede 700 milioni di risarcimenti a causa dello stop ai lavori imposto dall’allora governo Monti, uno degli ultimi atti dell’esecutivo meno amato dagli italiani. Il totale delle opere era stato stimato in oltre 3,8 miliardi nel 2006.

Poi Renzi, già nel 2015, tornò a insistere sul concetto. Ma se perfino Topolino, in una mitica storia del 1982, ha provato a portare a termine l’opera tramite il “magnate” Zio Paperone, c’è da mettersi il cuore in pace: il Ponte sullo Stretto è destinato a rimanere una creatura mitologica. Come il Minotauro (per restare all’antico) o il sarchiapone di Walter Chiari