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Economia
Tesla, le veloci ricoperture dei fondi. Ecco cosa c'è dietro il rally
Foto: LaPresse

Fu vera gloria incensata dagli ottimi risultati economici, oppure quel recente e poderosissimo boom di Borsa di Tesla, il produttore di auto elettriche, ha altre ragioni che poco c’entrano con i fondamentali del gruppo quotato al Nasdaq? A sollevare qualche dubbio sulla bontà intrinseca del rialzo che ha portato, a partire da fine dello scorso anno a raddoppiare le quotazioni portando il titolo a superare i 900 dollari martedì scorso per un valore di mercato di oltre 150 miliardi di dollari, è stato per primo l’economista e blogger Mario Seminerio

tesla model y 5

Elon Musk


 

Che a partire da un grafico che metteva a confronto prezzi e volumi di vendite allo scoperto su Tesla ha mostrato una correlazione lineare tra rialzo del prezzo e forte contrazione dei venditori allo scoperto. Un fenomeno che va sotto il nome di short squeeze, un fatto tecnico che mostra che dietro all’impennata furiosa del titolo (passato da 410 dollari di fine anno ai più di 900 del 4 febbraio) più che flussi di nuova domanda da parte degli investitori c’erano in realtà le veloci ricoperture di quei fondi che scommettevano al ribasso su Tesla. 

Ovvio quelle ricoperture hanno a che fare con i progressi indubitabili su vendite, margini e flussi di cassa del gruppo fondato da Elon Musk. C’era il rischio che forte dei dati di bilancio che sarebbero stati comunicati i ribassisti storici si sarebbero scottati le dita a fronte di un possibile rialzo. 

E in effetti l’ultima trimestrale ha mostrato segnali incoraggianti. Soprattutto sul lato della cassa dove Tesla ha prodotto oltre 1 miliardo di free cash flow, il miglior risultato della sua storia. Bene le vendite con utili trimestrali tornati per il secondo trimestre consecutivo in utile per qualche centinaio di milioni. 

tesla model y ape
 

Il trend di Tesla è quindi in fase di crescita e preannuncia un 2020 che dovrebbe finalmente sfornare il primo utile netto per la casa americana. Da qui certo l’entusiasmo della Borsa che ovviamente guarda al futuro. Certo è che chi finora è andato in acquisto su Tesla ha corso una bella scommessa. Tesla non ha mai prodotto profitti netti. Ancora nel 2019, lungo l’intero anno, la perdita secca è stata di 862 milioni di dollari. E negli ultimi 6 anni il conto cumulato del rosso di bilancio vale oltre 5,5 miliardi di dollari. La marginalità lorda industriale è in crescita indubbia ma ancora nel 2019 valeva solo il 9% dei ricavi. Un po’ poco per assegnare a Tesla valutazioni da regina del tech. 

Basti pensare che al picco dei 900 dollari per azione toccati il 4 febbraio, cui ha seguito però uno storno nei giorni successivi di quasi il 20%, Tesla valeva 6 volte le vendite; 60 volte i margini industriali; e un centinaio di volte i flussi di cassa. Neanche da guardare il rapporto tra market cap e utili, dato che ancora i profitti non si vedono. 

Certo con ogni probabilità si paleseranno quest’anno e se tutto andrà bene accelereranno negli anni successivi. Le stime degli analisti vedono un raddoppio dei ricavi al 2022 quando Tesla dovrebbe superare i 50 miliardi di fatturato con margini lordi al 20% dei ricavi; e un free cash flow sopra i 4 miliardi di dollari. 

Allora forse quegli oltre 130 miliardi di capitalizzazione cui valeva ieri Tesla potrebbero stare in piedi. Ma occorre che nulla deragli nel percorso delle auto elettriche di Tesla. La scommessa rimane alta e rischiosa. Scopertisti a prescindere.

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