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Economia
Ubi/ Silchester, Dimensional, Vanguard: il successo di Intesa passa dai fondi

L’offerta “tecnicamente non amichevole”, ossia ostile, di Intesa Sanpaolo per Ubi Banca (4,86 miliardi di euro interamente “carta contro carta” ossia mediante un concambio di 17 nuove azioni Intesa Sanpaolo ogni 10 azioni Ubi Banca) non è piaciuta al board dell’istituto guidato da Victor Massiah. La risposta, dopo poche ore di tentennamento, è stata infatti quella di reclutare Credit Suisse per studiare una strategia difensiva che secondo alcuni potrebbe prevedere un’accelerazione della ventilata creazione del “terzo polo bancario” italiano mediante un’integrazione con Mps (cui potrebbe in seguito guardare anche Banco Bpm). 

Massiah Victor1
 

Ma il derisking di Mps deve essere completato e sull’istituto gravano rischi legali (il cosiddetto “petitum”) per oltre 4,7 miliardi di cui 2,3 miliardi definiti dall’istituto come “probabili” (con accantonamenti per 500 milioni). Mentre anche l’ipotesi di un “cavaliere bianco” sembra ardua vuoi (Unicredit, oltretutto con Mustier in trattative con Hsbc) per lo scarso interesse verso il mercato italiano, vuoi (Credit Agricole, Bnp Paribas) per l’elevata sensibilità “politica” che eventuali contro-offerte rischierebbero di suscitare.

Nettamente negativa anche la risposta dei soci riuniti nel Comitato azionisti di riferimento (Car), il patto di consultazione tra la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo (primo socio della banca col 5,95%), la Fondazione Banca del Monte di Lombardia (3,95%) e alcuni soci privati bergamaschi in precedenza riuniti nel “Patto dei Mille”, tra cui la famiglia Bosatelli (2,85%), i Bombassei, i Pilenga, i Radici, gli Andreoletti (tutti attorno all’1%) e i Gussalli Beretta (circa lo 0,8%). Titolari nel complesso di un 17,8% di capitale e secondo alcuni pronti a salire al 20% (la soglia-Opa è fissata al 25%), gli aderenti al Car hanno già definito l’offerta “inaccettabile”.

Carlo Messina, CEO Intesa Sanpaolo
 

La mossa di Carlo Messina è invece piaciuta all’Associazione Azionisti Ubi Banca (che però non è un patto di sindacato e non vincola i singoli aderenti) e verosimilmente riceverà lunedì l’appoggio del Sindacato Azionisti di Ubi Banca (8,37% del capitale), che riunisce i soci bresciani guidati da Giovanni Bazoli (presidente emerito di Intesa Sanpaolo e tra gli azionisti di Ubi Banca), e del Patto dei Mille (1,6% del capitale), guidato dal bergamasco Matteo Zanetti, storico alleato di Bazoli.

Se per il momento la “conta dei voti” sembra indicare una maggioranza del fronte anti-Intesa Sanpaolo nel rapporto di 2 a 1, è chiaro che con un 70% abbondante del capitale sul mercato saranno decisive le decisioni che prenderanno i grandi fondi a favore o contro l’offerta di Messina, che per il momento nega di voler rilanciare ma non è detto non possa cambiare idea in futuro pur di portare dalla sua parte qualche consistente pacchetto azionario.

Bazoli Intesa
 

In questo modo il Ceo di Intesa potrebbe centrare se non l’obiettivo di un 66,7% di adesione all’Ops, che dovrebbe essere lanciata a inizio estate (soglia che consentirebbe di controllare l’assemblea straordinaria di Ubi Banca e procedere con una fusione per incorporazione) almeno quello del 50% più un’azione (soglia minima perché l’Ops risulti valida e Intesa Sanpaolo possa prendere il controllo dell’istituto).

A chi deve fare la corte Messina? Anzitutto dovrà guardare a Londra, da dove operano i gestori di Silchester International Investors, in Italia presenti anche nel capitale di Arnaldo Mondatori Editore di cui con sono il secondo socio (con l’8,2%) dopo i Berlusconi (69,5%). A Silchester fa capo complessivamente il 5,12% del capitale della banca lombarda, mentre ad un altro nome celebre della city di Londra, il colosso anglo-asiatico Hsbc Holding, fa capo un ulteriore 4,89%, per un totale del 10% circa.

Un altro pacchetto robusto è in mano ai gestori della texana Dimensional Fund Advisors (oltre il 3,8% di Ubi Banca), società d’investimento fondata nel1981 da David G. Booth e Rex Sinquefield, entrambi allievi dei futuri premi Nobel Merton Miller ed Eugene Fama e grandi assertori dell’efficienza di mercato (tanto che Sinquefield è noto per aver creato nel 1973 il primo Etf sull’indice S&P500).

(Segue...)

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