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Economia

Nessuna responsabilità sugli aumenti di capitale e sulla perdita di valore di azioni e obbligazioni e pressioni per le nozze della Vigilanza con Vicenza. Vincenzo Consoli, l'ex direttore generale di Veneto Banca, la Popolare veneta finita a Banca Intesa per un'euro, scampando per un soffio il bail-in ricorrendo ai soldi pubblici, ripercorre le vicende del proprio gruppo insieme alla Banca Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, salvata anch'essa grazie all'intervento della coppia Padoan-Messina.

Secondo quanto ricostruisce La Stampa che ha consultato i verbali del lungo interrogatorio fatto dai magistrati al banchiere, Consoli racconta che il 18 dicembre del 2013 Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia, gli ordina con durezza di procedere con la fusione con la cugina nordestina presieduta da Giovanni Zonin.

La ricostruzione di Consoli, per il quale la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio nei giorni scorsi per una serie di reati tra i quali l'ostacolo alla vigilanza, va presa, scrive La Stampa, per quello che è: la difesa di un indagato che cerca durante tutto l'interrogatorio di alleggerire la propria posizione. 

Il banchiere ripercorre ripercorre quasi un decennio di rapporti con Banca d'Italia, concentrandosi nel periodo tra 2013 e 2015, anni in cui ovviamente i dialoghi con Palazzo Koch si fanno più tesi nonostante le ripetute ispezioni della Vigilanza che iniziano nel 2009. 

Le ispezioni del 2013, rivela Consoli, si concentrano sui crediti deteriorati. Dalla prima analisi "non emergono gravi evidenze, bensì la necessità per un gruppo di rilievo nazionale - quale era Veneto Banca - di risolvere alcune problematiche con soluzioni che fossero adeguate. Il giudizio è parzialmente sfavorevole e non viene avviata la procedura sanzionatoria". Ma nella seconda, iniziata ad aprile e terminata a luglio, il giudizio degli ispettori cambia radicalmente, con il governatore della Banca d'Italia che in una lettera dice, a detta di Consoli, "cari signori, non siete capaci, le cose non vanno, quindi andate tutti a casa e vi trovate un partner di adeguato standing".

Chi? Anche qui le indicazioni arrivano da Via Nazionale. Ovvero la Popolare Vicenza che ovviamente non tiene conto dei forti campanilismi.  A fine 2014 l'incontro, in una delle numerose tenute di Zonin. 

Nel racconto di Zonin, conclude La Stampa, il presidente della Vicenza tiene a far sapere ai suoi ospiti (oltre a Consoli c'è Trinca e l'ex ad della Vicenza, Sorato) di essere stato al telefono oltre un'ora "con il governatore" e detta le condizioni: nessun rappresentante di Montebelluna in consiglio, il prezzo deciso da Vicenza: "I concambi li faccio io". Alle resistenze di Consoli, Zonin replica secco: "Se lei si frappone io informo il governatore". Consoli ribalta su Visco anche la responsabilità dell'ultimo aumento di capitale, quello del 2014. "Perché facciamo gli aumenti? Oh, perché c'è una lettera dispositiva del governatore che ci impone di farlo, (...) di convertire immediatam ente il bond, ce lo impone (..)»". Si tratta di un bond convertibile emesso appena un anno prima. 350 milioni di euro che qualche mese dopo verranno "azzerati". 

 

 

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vincenzo consolibanca d'italiabanca popolare di vicenza





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