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Economia
Zte, Alibaba, Smic, Tencent Holding: con Biden vola in Borsa il Tech cinese

I titoli del Big Tech cinese festeggiano la vittoria di Joe Biden in borsa. Semiconductor Manufacturing International Corp (Smic), il principale produttore di semiconduttori della Cina, è balzato fino al 9,5% durante la seduta sul listino di Hong Kong, Zte Corp ha guadagnato il 10%, Alibaba Group Holding il 3,2%, girando pagina rispetto allo scivolone della scorsa settimana della mancata Ipo di Ant e Tencent Holdings ha portato a casa il 2,6%.

Per gli investitori la  nuova amministrazione democratica potrebbe portare all'adozione di una posizione più morbida da parte degli Stati Uniti nei confronti di queste società rispetto invece all'approccio muscolare adottato da Donald Trump. Secondo quanto riferito da Jingyi Pan, analista senior della società di trading IG Markets è probabile infatti che le relazioni Usa-Cina diventino meno conflittuali, il che fa ben sperare per le aziende tecnologiche cinesi. E per gli investitori che sui listini del Dragone hanno deciso di scommettere sulle relative azioni. 

Le società tech di Pechino  hanno subito pressioni negli ultimi mesi a causa degli scontri commerciali tra la Cina e l'amministrazione Trump nel settore tecnologico. A settembre, il Dipartimento del Commercio ha imposto alle società statunitensi produttrici di chip di ottenere delle licenze prima di fare affari vendendo le proprie forniture a Smic che gode del supporto di diverse entità statali e incarna gli sforzi del Paese asiatico di diventare autosufficiente nella produzione di tecnologie avanzate come i chip

Ad Hong Kong, a fine seduta l'Hang Seng Tech, l'indice settoriale sul listino cinese che traccia le più grandi società tecnologiche del Dragone, ha guadagnato il 3%. L'azione statunitense contro Smic, l'ultimo grande esempio di inserimento di una società cinese nella lista nera Usa delle esportazioni, ha minacciato sin da subito di escludere il colosso del tech dall'accesso alle attrezzature utilizzate per la produzione dei chip, di cui le aziende americane rappresentano i suoi principali fornitori.

A settembre, un portavoce del Dipartimento del Commercio statunitense aveva riferito che il Bureau of Industry and Security, l'agenzia responsabile del controllo sulle esportazioni, sta "monitorando in modo costante qualunque potenziale minaccia alla sicurezza nazionale e agli interessi in politica estera".

Tra le questioni oggetto di dibattito vi era il presunto sostegno di Smic al Ministero della Difesa cinese, con l'amministrazione Trump che si è mostrata sempre più preoccupata per la pratica di Pechino di appoggiarsi a società private a detta di Washington per portare avanti i suoi obiettivi militari.

Se questo approccio dovesse continuare, il rischio per gli States è che queste restrizioni spronino la Cina ad accelerare lo sviluppo di tecnologia sostitutiva prodotta in casa, sebbene gli analisti affermino che le società cinesi dipendono ancora fortemente dalle società straniere per le apparecchiature per la produzione di chip avanzati.

Negli ultimi anni, le preoccupazioni sulla sicurezza nazionale del governo Usa hanno portato all'inserimento di dozzine di società cinesi nella blacklist, da aziende più piccole e meno note fino al colosso Huawei, inasprendo sempre più  le relazioni tra Washington e Pechino.

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