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Spettacoli
Marcello Cirillo ad Affari: "Il mio Don Bosco 2.0 a teatro. E Arbore.."
Affaritaliani.it intervista l'attore Marcello Cirillo attualmente impegnato con il suo musical "Don Bosco Il Musical"

Di Giordano Brega

“Dopo i festeggiamenti per i 200 anni della sua nascita mi sembrava una bellissima operazione culturale far conoscere ai giovani l’opera di Don Bosco attraverso un musical che lo rappresenta soprattutto come uomo“. Marcello Cirillo racconta ad Affaritaliani.it il musical che sta portando a teatro. Il grande pubblico lo apprezza a “I Fatti Vostri”, ma imparò a conoscerlo sin dagli anni ’80 al fianco di Renzo Arbore nei programmi cult (uno su tutti, “Quelli della notte”) che hanno segnato la storia della televisione italiana.

In queste settimane - come si diceva - è impegnato con "Don Bosco Il Musical" (di cui è anche regista). L’appuntamento è per il 12 e 13 marzo al teatro al Massimo di Palermo, il 19 marzo al teatro Mancinelli di Orvieto e il 5 6 7 8 a Roma al teatro Italia.

Che figura di Don Bosco viene fuori in questa rappresentazione?
“Emerge soprattutto la mancanza della sua figura carismatica al giorno d’oggi. Lui riusciva a dare delle risposte ai ragazzi. I giovani – oggi come allora – fanno domande, ma non hanno più le risposte purtroppo. In questo senso, le faccio un esempio sulla grandezza di Don Bosco…”

Dica…
“La Chiesa dava ai ragazzi un brodo caldo e un pezzo di pane, Don Bosco invece diceva ‘dobbiamo costruire gli uomini attraverso il gioco, il divertimento, la spiritualità’. L’idea sua era di farli ‘crescere’ come uomini, non di mettersi a posto la coscienza solo sfamandoli. Don Bosco era… 2.0 avanti sui tempi. Questo suo modo di fare non era amato dalla Chiesa istituzionale. E lui venne condannato a chiedere scusa davanti a tutti per… non aver fatto niente. Per aver creato un mondo d’amore. Don Bosco fu un grande uomo che diede la sua vita per gli altri”.

Esiste una figura simile nella Chiesa di oggi?
“Papa Francesco, seppur a livelli diversi. Don Bosco non volle mai fare carriera, scegliendo di rimanere umile tra gli umili e povero tra i poveri.  La figura di Bergoglio però lo ricorda molto. Non a caso, il Pontefice è molto legato a Don Bosco e nei festeggiamenti andò a Torino per ricordarlo”.

Lei lavorò con Renzo Arbore. Che ricordo ha di quei tempi e cosa è stato per la tv italiana quel gruppo di lavoro di cui lei faceva parte?
“Socialmente, politicamente e televisivamente era tutta un’altra Italia rispetto a oggi. La tv dell’epoca ti dava la possibilità di sperimentare senza... essere cacciati. E noi lo meritavamo (ride, ndr). Fu un delirio…”

Perché?
“Perché non si capiva niente. Era tutto all’insegna della sperimentazione. Ognuno voleva dimostrare qualcosa a se stesso e a Renzo. Ricordo Bracardi che tirava coriandoli e suonava trombette contro tutti e non faceva parlare nessuno (ride, ndr)…  Fu una televisione meravigliosa perché aveva un linguaggio diverso. Anzi, cambiò proprio il linguaggio comune. Ricordo che quando facevamo i concerti il pubblico vestiva e parlava come noi. E poi mi vengono in mente frasi di Max Catalano del tipo ‘meglio piangere in Rolls Royce che in 500’…”

Quella televisione non sarebbe riproponibile oggi?
“Io penso di no. Lo abbiamo chiesto tante volte a gran voce a Renzo Arbore, ma giustamente lui dice che questa è un’altra Italia e adesso la gente ride per altre cose”

Per cosa ridono le persone oggi?
“Ora si va a raschiare il fondo e non c’è il retropensiero. Noi a “Quelli della Notte” facevamo ridere senza dire parolacce, eppure il pubblico apprezzava. Riuscivamo a conquistare le persone creando delle situazioni comiche”

Una dote che forse tra i contemporanei la si rivede in Checco Zalone…
“Vero. Lui fa comicità di ambiente, ossia l’ambientazione che crea fa sorridere”.

Ma un nuovo Arbore si profila nell’orizzonte televisivo?
“Purtroppo non lo vedo, perché Renzo è stato e rimarrà unico nel suo genere. Le racconto un aneddoto..:”

Prego…
“Io ho avuto l’onore di fare con lui 'Cari amici vicini e lontani’ e 'Quelli della notte’ e mentre tutti gli dicevano ‘dai facciamo la promozione’, lui rispondeva ‘no perché il pubblico si deve accorgere della trasmissione, non siamo noi che dobbiamo dirlo al pubblico. La gente - girando per caso - deve accorgersi di noi’...

A livello televisivo cosa le piace?
“Le dico un controsenso, perché io ho una scuola di musica molto importante - il mio oratorio con 300 anime a cui ogni giorno cerco di trasmettere messaggi positivi. Fatta la premessa, penso che - nel momento in cui la discografia è morta - i talent show riescono a dare qualcosa di nuovo. Io non ne condivido pienamente lo spirito perché prima bisognerebbe fare gavetta e poi arrivarci. Invece oggi la gavetta è diventata il talent stesso. Però resta comunque un’industria che dà un po’ di respiro e di ossigeno alla musica. E quindi, pur non condividendola, la ringrazio di esistere. Poi è chiaro che io ad esempio iniziai facendo piano-bar e suonavo 5 ore ogni sera: dopo 5-6 anni Arbore venne a vedermi e si accorse di me. Io però avevo già un’esperienza mostruosa, avevo già girato il mondo”

Della musica italiana attuale cosa promuove?
“Amo moltissimo la musica popolare. E credo ci sia una nuova primavera in Italia. In Calabria, ad esempio, ci sono dei fenomeni, come Mimmo Cavallaro. Insieme a lui alcuni anni fa ho fatto un disco e dopo pochi giorni eravamo primi su iTunes. Ma nessuno lo sa perché non c’è la volontà politica di parlare di una Calabria o di una Puglia che stanno vivendo una nuova primavera culturale. Luoghi dove i ragazzi alla feste ascoltano Vasco Rossi e allo stesso tempo anche la nostra musica popolare. Avvicinandosi alle nostre tradizioni. Loro hanno la voglia di sapersi identificare con il proprio territorio, di rivedere nel passato qualcosa del proprio futuro”.

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intervista marcello cirillodon bosco il musical di marcello cirillo





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