Esteri

Baluchistan, dal gas agli snodi logistici: la nuova miniera d'oro asiatica

di Enrico Verga

Il Baluchistan è una di quelle aree che noi occidentali non conosciamo ma si potrebbe rivelare una "miniera" preziosa

Medio Oriente, dai baluci ai curdi: il grande scacchiere "infuocato"

Il Baluchistan è una di quelle aree che non conosciamo. Noi occidentali abbiamo diviso il mondo “fuori” con il righello e la matita, di rado usando la gomma per correggerci. Ecco quindi che in Medio Oriente abbiamo un "caos" che dura da quando Francia e Regno Unito si divisero Siria, Iraq, Palestina senza dar peso alle etnie là esistenti, tutto per prendersi il territorio migliore e rubarlo al morente impero ottomano e al corrotto impero persiano. Di quì tutti i problemi che emergono oggi tra Siria, Palestina, Egitto e l’innestato stato di Israele. Ma le divisioni con il righello non sono mancate nemmeno in centro Asia: Uzbekistan, Pakistan, Turkmenistan. Creati e spartiti tra Commonwealth britannico in ritirata e impero russo, poi sovietico. Sempre a discapito della allora Persia. Da quei confini arbitrari sbucarono, negli anni, etnie che vivevano lì da secoli ma che, bontà loro, non contavano abbastanza per essere contattate dagli occidentali, in merito alle suddivisioni delle loro terre. I curdi son un esempio classico, ma i baluci sono la nuova star emergente di un grande gioco centrosud asiatico che merita una riflessione.

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Ecco chi sono i Baluci e i Curdi 

Per comprendere i Baluci e le loro richieste di indipendenza dobbiamo fare un paragone con un'altra “non-nazione” molto più famosa: il grande Kurdistan. Entrambe le aree (Baluchistan e Kurdistan) sono state frammentate durante l’epoca coloniale e successivamente dai due conflitti mondiali. Entrambi i popoli hanno l’ambizione di ottenere qualche sorta riconoscimento territoriale, che si traduca in un’autonomia regionale, se non internazionale. I curdi è da tempo che, divisi tra Iraq, Iran, Turchia e Siria, tentano di avere un qualche tipo di indipendenza. Il massimo che hanno ottenuto ad oggi è un governo regionale autonomo in Iraq (ma all’interno dello stato iracheno) e un quasi autonomia regionale in Siria, senza l’autorizzazione del governo siriano ma protetti dall’esercito americano lì per proteggerli durante le guerre con Isis (e li rimasti radicati anche dopo la sparizione dell’Isis).

In Turchia e Iran i curdi sono sotto pressione, in particolare in Turchia; in Iran sono integrati. Perché parlare dei curdi se si sta discutendo dei baluci? Perché i curdi da sempre sono stati valorizzati (per usare una parola gentile) da nazioni occidentali e mediorientali come carne da cannone e come fattore di disturbo delle nazioni locali. Quando l’Iraq venne conquistato dagli Usa i curdi divennero un asse di potere (grazie anche ai giacimenti petroliferi della regione) che vennero investiti e protetti sia dagli Usa che da Israele. Oggi che la Siria è ancora in guerra civile il nord est della nazione è di fatto un protettorato militare americano dove l’estrazione petrolifera avviene senza il permesso del governo siriano, a favore di aziende petrolifere locali in accordo con quelle americane. La Turchia è un membro NATO tuttavia quando scese in guerra contro l’Isis come prima cosa bombardò i curdi, salvo poi fermarsi dopo una reprimenda degli Usa.

Il grande Kurdistan difficilmente vedrà mai la luce ma il suo sogno è la leva con cui l’Occidente riesce sempre a valorizzare i curdi. Con questa similitudine cerchiamo di comprendere i baluci e la loro valorizzazione. Dal 1900 in poi sono differenti le nazioni che hanno messo naso nell’area per i loro interessi: dagli Israeliani sino agli americani, senza dimenticare Iran e Pakistan a cui si è aggiunto il loro vicino di casa, l’India. Come per i curdi le azioni di queste nazioni, a cui si aggiungono i gruppi terroristi come Al Qaeda e Isis, han utilizzato le tensioni locali per arruolare combattenti, spie o terroristi.

Il tutto a svantaggio dei baluci che si sono fatti sfruttare e si sono poi attirati gli odii dei tre territori dove insistono le loro istanze di indipendenza territoriali: Afghanistan, Pakistan e Iran. Di recente è emersa una nuova generazione di baluci che vogliono determinare il loro futuro e ottenere una qualche sorta di riconoscimento di autonomia regionale. Sta emergendo, come leader dei baluci pakistani, Mahrang Baloch: donna, fortemente interessata alle operazioni di, a sua detta, repressione da parte delle autorità pakistane, sta guadagnando popolarità nei media internazionali, grazie a una comunicazione che non parla solo ai locali ma anche ai leader internazionali. Non è dato sapere se la sua attività avrà successo nell’attirare interesse e supporto da pare di nazioni occidentali.

Ecco che cosa c'è in ballo in Baluchistan

Capire cosa c’è in ballo nell’area geografica del Baluchistan ci può suggerire chi potrebbe, eventualmente in futuro, pensare di valorizzare le tensioni e la richiesta di indipendenza del popolo baluci. Il Pakistan è parte del nuovo progetto North South Transport Corridor (NSTC) che Putin ha benedetto nella sua conferenza del febbraio 2023. In pratica un progetto logistico per utilizzare il Pakistan come porto di accesso verso il centro Asia e come sbocco sul mare, un mare caldo, per le marine dell’Eurasia (in particolare Cina e in scia eventualmente la Russia). Il porto che dovrebbe servire come punto di accesso è quello di Gwadar, ricostruito, modernizzato e militarmente protetto dai cinesi e facente parte del triangolo commerciale cinese che lo vede congiunto con il porto del Djibouti e quello iraniano di Chabahar.

A questa via commerciale “verticale” si aggiunge quella orizzontale: i progetti per esportare le ricchezze fossili iraniane (petrolio e gas) vedono l’area del Baluchistan (sia la parte iraniana che pakistana) come territorio di passaggio degli attuali e futuri gasdotti diretti in India e Cina (risalendo il territorio pakistano sino al confine con il dragone). Queste due visioni logistico commerciali di terra sono un rischio per qualunque nazione che voglia avere la supremazia sui mari: di fatto delle linee di terra rendono più difficile un qualunque tipo di controllo marittimo. La Cina ha di recente varato un piano di finanziamento di circa 400$ miliardi per l’intera economia iraniana: aggiornamento delle infrastrutture portuali (Chabahar e Kharg), degli impianti di raffinazione e naturalmente le condutture di gas e petrolio. La Cina non fa segreto di aver pacificato Saudi Arabia e Iran per avere un prezzo sul petrolio e gas più conveniente. L’interesse quindi della Cina per un Pakistan e Iran in pace è manifesto.

Ecco chi potrebbe voler valorizzare il Baluchistan

Ovviamente qui si deve entrare nel campo delle supposizioni. Formalmente nessuno stato moderno, in particolar mondo occidentale, agirebbe mai in modo manifesto, a danno di un altro stato. Eppure ci sono alcuni eventi passati che possono dare delle idee su quel che potrebbe accadere in Baluchistan. Negli ultimi mesi del 2023 alcune tensioni si sono registrate tra India e Usa, come riportava dolcemente il Financial Times. 

La politica Usa vede nell’India la prima linea di difesa contro un eventuale espansionismo cinese ma il Pakistan rappresenta un elemento di questa linea di difesa. Tuttavia il Pakistan ha sempre avuto un rapporto conflittuale con gli Usa. Riuscire a tenere in riga anche il Pakistan, specialmente dopo il recente cambio di governo, che è stato apprezzato dalla stessa leadership americana, come spiegato dall'Intercept, è vitale per gli interessi americani nell’Oceano Indiano.

Un Pakistan guidato da un governo filo militare e filo occidentale è una risorsa valida per gli interessi americani nell’area, specialmente con la forte necessità della nazione di avere accesso agli aiuti del Fondo Monetario internazionale, facilmente influenzato dall’Occidente nelle sue decisioni di prestiti ai paesi del terzo mondo. Il Pakistan, ad ogni modo, sembra voler de scalare ogni tipo di tensione con il suo vicino iraniano e ha invitato per il 29 gennaio una delegazione iraniana per discutere i dettagli di una risoluzione pacifica. Resta tuttavia una lunga lista di attentati a gasdotti e oleodotti, nell’area del Baluchistan, rivendicati dalle milizie ribelli locali. Dal 2005 ad oggi si registrano una media di 13 attacchi, più o meno di successo, contro infrastrutture energetiche pakistane nell’area Baluci.

L’ultimo incidente si è verificato nei primi giorni del 2024 a Dahar, in Bolan. Per quanto al momento il Baluchistan sia un nome che con difficoltà riesce a guadagnarsi le prime pagine dei media occidentali, se dovesse aver luogo una qualche politica della tensione e di disturbo tra Pakistan e Iran, a sfavore di queste due nazioni e, per estensione a danno dei progetti commerciali ed energetici russi e cinesi, il Baluchistan sarà il punto nevralgico. Ovviamente resta da comprendere chi potrebbe aver interesse a danneggiare gli interessi cinesi, Russi e iraniani nell’area.