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Esteri
Brexit, ora scoppia la mina del voto Ue.I pericoli casalinghi per May e Corbyn

Ora che è stata concessa la proroga dell'articolo 50 per la Brexit, si pone il problema delle elezioni europee del 26 maggio. Se la Gran Bretagna sarà ancora nell’Unione europea il 23 maggio, data di inizio delle operazioni di voto per le elezioni europee, sarà costretta a prendervi parte. Il motivo? Secondo quanto spiega infatti il Corriere della Sera, il motivo è che se l’Europarlamento venisse costituito senza la partecipazione di uno Stato ancora membro dell’Unione, pur se in via di uscita, rischierebbe di essere considerato illegittimo. Quindi le delibere dell’Europarlamento potrebbero essere impugnate davanti alla Corte di Giustizia: questo incepperebbe tutto l’ingranaggio costituzionale della Ue.

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L'appuntamento elettorale continentale inoltre, scrive sempre il Corriere, rappresenterebbe uno smacco storico per la Gran Bretagna che deve partecipare alle elezioni europee quasi tre anni dopo il referendum che ha sancito la volontà di uscire dalla Ue. Quadro che sarebbe anche un duro colpo per la fiducia dei cittadini nella classe politica, già a livelli minimi.

Ecco che il governo conservatore che aveva un solo compito e cioè portare a termine la Brexit non ci è riuscito e si è lanciato in una corsa per trovare in fretta e furia i candidati alle Europee, ma rischia comunque di essere travolto da un voto di protesta che coinfluirebbe con una pioggia di preferenze per  il nuovo partito, il Brexit Party, fondato da Nigel Farage, l’ex leader dello Ukip che aveva imposto la questione europea a livello nazionale e costretto David Cameron a indire il referendum.

Una volta insediati all’Europarlamento, spiega il quotidiano di via Solferino, i nuovi "faragisti" avrebbero accesso a fondi e spazi televisivi: i conservatori si ritroverebbero con quella spina nel fianco dalla quale speravano di essersi liberati. Ma il colpo alla classe politica arriverebbe anche a sinistra dove i laburisti sono insidiati da un nuovo partito, Change Uk (Cambiare il Regno Unito), formato da un gruppo di scissionisti filo-europei cui si è aggiunto qualche conservatore moderato che criticano le ambiguità sulla Brexit di Jeremy Corbyn, il quale fatica a prendere una posizione netta per timore di perdere consensi in quell’elettorato operaio anti-europeo che è il suo zoccolo duro. 

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