L’origine del kimchi, la popolare specialità sudcoreana a base di cavolo fermentato, è al centro dell’ultima controversia tra Cina e Corea del Sud. Alcuni media cinesi hanno rivendicato l’origine del kimchi come cinese dopo che l’Iso (International organisation for standardization) ha certificato le regole per lo sviluppo, il trasporto e la conservazione del pao cai, ovvero la variante cinese del kimchi prodotta nella provincia Sud-Occidentale del Sichuan, che è anche il nome dato dalla Cina al kimchi tradizionale sud-coreano. Nonostante l’Iso abbia chiarito che l’inclusione del pao cai “non si applica al kimchi” il tabloid di Pechino Global Times, noto per le posizioni agguerrite a difesa della sovranità cinese, ha accolto la certificazione come “uno standard internazionale per l’industria del kimchi guidata dalla Cina”.
Le affermazioni del tabloid cinese hanno generato una disputa tra gli utenti di internet cinesi e sudcoreani. “La Cina potrebbe anche dire di avere inventato la pizza”, ha ironizzato un netizen sudcoreano sul portale Daum. C’è anche chi vede dietro le rivendicazioni cinesi l’obiettivo di “includere la cultura coreana e la loro e distorcere la storia derubando il kimchi e l’hanbok”, un abito tradizionale coreano, oggetto di contesa tra i due Paesi, quando il mese scorso l’attore cinese Xu Kai lo aveva definito originario della Cina. Per gli utenti cinesi di internet, però, non ci sono dubbi. “Anche la pronuncia di kimchi deriva dal cinese”, scrive un utente di Weibo, la popolare piattaforma social. “Che altro c’è da dire?”.
La polemica ha irritato il governo sudcoreano: il ministero dell’Agricoltura ha emesso una nota per puntualizzare che il kimchi e il pao cai sono due piatti differenti e per ribadire che gli standard internazionali del kimchi erano già stati fissati nel 2001 dalle Nazioni Unite. Il rito annuale di preparazione del kimchi, il Kimjang, è stato anche inserito nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’Unesco, ma la polemica tra Pechino e Seul è molto più ampia e ha preso di mira anche il K-Pop, il pop sudcoreano: recentemente, un membro della band Bts, Kim Nam-joon, ha citato solo le vittime coreane e statunitensi della guerra di Corea del 1950-1953 senza menzionare quelle cinesi, facendo inarcare più di un sopracciglio in Cina. A livello ufficiale, Pechino non intende alimentare la polemica sul kimchi. “Ci sono controversie a riguardo? Non ne sono molto sicura. Penso che ci sia più cooperazione e condivisione tra Cina e Corea del Sud”, ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying.
Il rischio, per Seul, è che la diatriba possa trasformarsi in un “paradosso”, scrive il Korea Times, che sottolinea il consumo sempre maggiore in Corea del Sud del prodotto made in China, nonostante l’aumento delle esportazioni di kimchi sud-coreano. Risultato: il deficit commerciale dell’industria del kimchi è stato di 7,82 milioni di dollari nel periodo compreso tra gennaio e ottobre scorsi (6,42 milioni di euro), nonostante un balzo del 36% delle esportazioni a quota 119 milioni di dollari (97,81 milioni di euro), secondo i dati ufficiali. In più, il 99% dell’import di kimchi deriva dalla Cina, e più del 70% dei ristoranti sud-coreani serve kimchi importato, con possibili danni anche al turismo, ha puntualizzato Yu Hyun-jae, del Centro per l’Educazione all’Agricoltura Nonghyup di Gyeongju, popolare meta turistica nel sud-est della Corea del Sud.
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