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Esteri
Corea del Nord, una modesta proposta a Donald Trump

Il problema rappresentato dalla Corea del Nord è gravissimo ed è comprensibile che chiunque abbia a cuore la pace del mondo ci torni su con la mente. E non riesca a trattenersi dal cercare una soluzione che gli permetterebbe almeno di dire: “Io farei così”. Magari, in un accesso di autostima, potrebbe anche aggiungere: “Ma quegli sciocchi degli americani, dei cinesi e di tutti gli altri, perché non fanno come dico io?” La realtà è più amara. “Quegli sciocchi" non sono sciocchi e si arrovellano sul problema molto più di noi. Per l’ottima ragione che sono chiamati a risolverlo, non a parlarne soltanto. Se non fanno niente, è perché fino ad ora nessuna delle soluzioni, fra quelle immaginate, li convince tanto da farli passare all’azione. Questo punto deve essere estremamente chiaro.

Chi in privato ragiona sui grandi problemi, non ha la responsabilità di risolverli. Inoltre, se gli statisti affrontassero la questione con la soluzione immaginata dal lettore di giornali, e ne conseguisse un disastro, lui potrebbe cavarsela con un semplice: “Sì, mi sono sbagliato”, mentre loro sarebbero condannati dall’opinione pubblica dei loro Paesi e in seguito dalla storia. Chi mai ha perdonato a Mussolini l’azzardo di scendere in guerra a fianco di Hitler? Vale anche per casi meno gravi. Sicuramente, nell’ordinare l’invasione dell’Iraq, George W.Bush era convinto di fare cosa utile per il suo Paese. Ma quando è sembrato che così non sia stato, l’iniziativa è stata messa sul suo conto come una colpa imperdonabile. Il lettore di giornali accarezza il suo progetto, e poi dorme tranquillo, chi dovrebbe agire continua invece a chiedersi quale sfortunata e imprevista circostanza potrebbe trasformarsi in un’immensa tragedia. Ecco perché, sul problema della Corea del Nord, non bisogna fare il passo più lungo della gamba. Non soltanto bisogna riconoscere che non è facile risolverlo, bisogna anche essere pronti a sentirsi dimostrare che si sono dette stupidaggini. E nel mio caso particolare, se qualcuno mi dimostra proprio questo, mi premurerò di ringraziarlo. Perché la sua dimostrazione mi lascerà più informato di quanto non sia attualmente. Mancando di dati riservati e dovendo trattare l’argomento come un gioco di strategia militare (wargame), bisogna partire dai pochi punti fermi. La comunità internazionale condannerà in ogni caso il primo che oserà usare l’arma atomica. Inoltre, se Pyongyang osasse fare questa mossa, gli Stati Uniti – dal punto di vista atomico immensamente più potenti – sarebbero autorizzati a fare di quel Paese tabula rasa. Dunque Kim Jong-un, per quanto demente, non oserà brandire l’arma nucleare. Il problema va considerato “nucleare a parte”.

Nucleare a parte, tutto ciò che attualmente turba il mondo sono le parole e le provocazioni di un giovane dittatore. E, considerata la situazione di fatto, sarebbe concepibile reagire con un’alzata di spalle. Ma sarebbe un errore. In primo luogo ciò potrebbe incoraggiare quel giovanotto sovrappeso ad osare sempre di più, e in secondo luogo i Paesi minacciati e derisi rischierebbero di perdere la faccia. Chi tira la coda del leone dimostra che è sdentato. E allora mi sono chiesto: “Non è che, per caso, il fatto che, in tutte le direzioni ci siano dei vicoli ciechi costituisca esso stesso la soluzione?” Se non si può usare l’atomica per primi, se non si può invadere il Paese (perché troppo costoso in tutti i sensi) se non si può essere sicuri che, ad una pesante rappresaglia (per esempio un devastante bombardamento sui presunti siti nucleari) quel pazzo non reagisca con l’atomica, e se dopo tutto siamo soltanto infastiditi e preoccupati dal comportamento di Kim Jong-un per ragioni di dignità, perché non rispondergli con la stessa moneta? Perché non pubblicare fotografie di fotomontaggi con Pyongyang in rovine, accanto alle storiche foto di Berlino nel 1945? Perché non descrivere per filo e per per segno quanto più potenti siano le bombe americane rispetto a quelle di cui dispone Kim, magari spargendo milioni di volantini su Pyongyang? Perché non far passare sulla Corea del Nord missili enormi, magari partiti addirittura dagli Stati Uniti? Perché non farla sorvolare da stormi enormi da bombardieri capaci di distruggere con bombe convenzionali un’intera città, come è avvenuto a Dresda? Insomma, se Kim Jong-un mette a rumore il mondo con minacce insensate e atti che costituiscono casus belli, perché non rispondergli con parole insensate e atti che costituiscono casus belli? Lo scopo sarebbe quello di sgonfiare la sua retorica guerriera agli occhi del suo popolo, dimostrando che è una tigre di carta, non potendo usare l’atomica. Fra l’altro, se l’esercito nordcoreano osasse reagire, sarebbe una buona scusa per spianare il territorio in cui si trova la contraerea nel raggio di un chilometro tutt’intorno. Tanto per essere chiari. Come si vede, sarebbe provocazione contro provocazione. Perché questa mossa è sbagliata?

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