"Coronavirus, famiglie senza cibo è peggio". Gli americani vogliono uscire - Affaritaliani.it

Esteri

"Coronavirus, famiglie senza cibo è peggio". Gli americani vogliono uscire

di Daniele Rosa

‘Non sfamare la propria famiglie è 100 volte peggio del virus’ il leit motiv di molti americani

‘La mia opinione è che non riuscire a provvedere ai bisogni della propria famiglia sia cento volte più doloroso e pericoloso della crisi sanitaria per il Coronavirus’ questa è l’opinione più ricorrente di molti americani da quando, tre giorni fa, Donald Trump ha presentato le nuove linee guida in tre fasi per ’Liberare il Paese’. Da quel momento insieme ai contagi che, soprattutto a New York non accennano a calare, insieme ai ricoverati e insieme alle morti sono cresciute pure le proteste di molti americani chiusi nelle loro case senza poter lavorare.

Certo impressionano i 737000 contagi e le 38000 vittime ma per altri versi preoccupano e non poco i 20 milioni di disoccupati ufficiali in tre settimane e un numero similare non ufficiale di tutti quelli che non rientrano nelle liste del Dipartimento del Lavoro.

Coronavirus, gli americani vogliono uscire di casa

Gli aiuti del Governo, tra i 600 dollari ai 1200 per i disoccupati, fanno sicuramente comodo ma non sono sufficienti per vivere in un’economia costruita e fondata sul consumo. Qui le ‘revolving credit’, i mutui immobiliari e l’estrema flessibilità del mercato del lavoro sono elementi che ‘ingabbiano’ la classe media e non solo quella, nell’obbligo di avere un lavoro.

Le prime ti permettono di spendere, pur non avendo fondi disponibili, ma ti obbligano a rientrare mese per mese e questo sistema facile ha ‘preso’ la mano a molti. I secondi concessi dalle banche ancora abbastanza facilmente, nonostante la lezione del 2008, insieme all’estrema flessibilità del mercato del lavoro costringono tutti ad una semplice equazione: il lavoro sta al guadagno come la disoccupazione sta alla rovina. Le mezze misure, tipo reddito di cittadinanza italiano o un’assistenza sanitaria gratuita, qui non sono contemplate.

Ed allora l’America, appena ha sentite le nuove linee guida del Presidente ha cominciato a scaldare i motori. L’odore dei motori accesi lo si tocca con mano soprattutto nei piccoli resort turistici fronte oceano che rimettono in sesto sedie e tavoli, lo vedi nei ristoranti, sopravvissuti con il take away, dove si ripuliscono aree e saloni, lo vedi nei cantieri che hanno raddoppiato il numero dei lavoratori, mascherati o meno.

Coronavirus, gli americani vogliono uscire di casa

E ieri è caduto il primo tabù delle spiagge chiuse. Quella di Jacksonville in Florida ha riaperto e tutte le televisioni hanno trasmesso a reti unificate il grande evento con gente fuori e dentro l’acqua, tutti rigorosamente a distanza di sicurezza.

Ma adesso viene la parte più difficile perchè Trump, per spirito democratico o per furbizia elettorale, ha lasciato la patata bollente della decisione di ‘riaprire’ nelle mani dei Governatori.

Se Governatori come Andrew Cuomo dello Stato di New York e i suoi colleghi del New Jersey e Connecticut i veri focolai con complessivamente il 50% dei casi del totale Paese e 22000 vittime non hanno scelta né dubbi nel prolungare almeno a metà maggio la quarantena, per gli altri i dubbi sono tanti.

Anche perchè le proteste della gente che ha fame di lavoro e in alcuni casi pure di fame vera non vuole più aspettare. Lo hanno già fatto i conservatori del Michigan che hanno bloccato con le auto il centro della città più importante dello Stato per protesta contro le dure misure della Governatrice democratica.

E oggi è stata la volta dello Utah, che pur essendo uno dei pochi Stati senza restrizioni, soffre del blocco delle economie degli Stati vicini. I manifestanti si sono riuniti sotto i social con un gruppo ‘Utah Business Revival’, la rinascita del business in Utah.

‘La quarantena è per le persone malate ma quando tu blocchi persone sane questa è tirannia’ il motivo ricorrente.

Altre proteste sono previste nella prossima settimana ancora in Michigan, Minnesota e Oregon con previsioni di traffico bloccato.

In ogni caso i dubbi continueranno ad attanagliare medici e politici, i primi nel chiedere più test e controlli, i secondi alle prese con comunità sempre più arrabbiate e nervose.

Al primo maggio mancano ancora dieci giorni e saranno per tanti i dieci giorni più lunghi della storia americana.