Israele al voto, Herzog sale. Netanyahu trema
A meno di una settimana dal voto in Israele, il 14% degli elettori e' ancora indeciso, ma guadagna consensi Isaac Herzog, il leader dei laburisti che, insieme a Tzipi Livni, ha lanciato l'Unione Sionista per mettere fine al dominio di Benjamin Netanyahu. Per far fronte all'apatia e alla sfiducia nei partiti che serpeggia nell'elettorato, il presidente israeliano, Reuven Rivlin, ha organizzato una serata nella sua residenza per un centinaio di persone che hanno annunciato l'intenzione di non votare. "Dopo tutto, molto puo' succedere in una settimana", ha sottolineato il capo dello Stato, nella speranza di aver almeno contribuito a una riflessione piu' generale sul sistema politico israeliano.
Intanto, cresce la statura da premier di Herzog che finora era apprezzato per il lavoro svolto ma non era certo considerato un candidato credibile per battere Netanyahu, per 9 anni alla guida del Paese, dal 1996 al 1999 e dal 2009 a oggi. Definito un 'nerd', preso in giro per la faccia da bambino e la voce nasale, il leader dei laburisti era considerato a febbraio uno "sfavorito determinato". Una determinazione che in queste settimane, ha sottolineato il New York Times, lo ha portato ad acquistare sicurezza, lavorando su immagine e voce, girando il Paese tra incontri nei municipi e visite alle fabbriche, puntando il dito sui temi assenti nell'agenda dell'avversario, come il costo della vita che sale e la mancanza di alloggi a buon mercato.
"La gente mi ha sottostimato diverse volte, per molte ragioni", ha ammesso lui stesso in un'intervista al quotidiano americano, ricordando pero' di "aver avuto successo in tutto quello che ho fatto". Alla mancanza di carisma e machismo, da molti considerati indispensabili per occupare quella poltrona, Herzog contrappone "l'intelligenza emotiva, la mia forza". Erede di una famiglia dell'aristocrazia israeliana, il segretario dei laburisti vanta un importante pedigree: il nonno e' stato il primo rabbino capo askenazita, suo padre, Chaim Herzog, militare e diplomatico, e' stato il sesto presidente d'Israele, la madre ha fondato il gruppo ambientalista 'Council for a Beautiful Israel', mentre lo zio Abban Eban e' stato ministro degli Esteri.
Per alcuni analisti, il voto imminente e' piu' un referendum su Netanyahu e i suoi anni al governo che un classico scontro a due. Ma la decisione di Herzog di unirsi alla Livni per lanciare un fronte comune, dopo anni di mancanza di alternative plausibili nella sinistra israeliana, ha rivitalizzato l'opposizione. Anche se la scelta dell'alternanza tra i due - in caso di vittoria due anni per ciascuno alla guida dell'esecutivo - rischia di alienare una parte dei voti, diffidenti nei confronti di quella che e' stata ministro della Giustizia nel governo Netanyahu fino a dicembre, nata politicamente nel Likud, passata a Kadima, la creatura centrista di Ariel Sharon, prima di fondare nel 2012 il suo partito, HaTnuah. Quanti voti e' un'incognita importante. Gli ultimi sondaggi indicano un sostanziale testa a testa, con l'Unione Sionista in leggero vantaggio sul Likud, 24 seggi a 22. E che la campagna elettorale sia diventata una "battaglia all'ultimo voto" lo ha confermato anche Netanyahu che, nonostante il contestato quanto applaudito intervento di fronte al Congresso americano, appare in difficolta'. Per Bloomberg, "la campagna di Netanyahu e' stata colpita da una tempesta perfetta", citando tre ferite aperte. A cominciare dalle pesanti critiche lanciate contro il premier dall'ex direttore del Mossad, Meir Dagan, in merito alla gestione del conflitto con i palestinesi, passando per uno spot elettorale che ha fatto infuriare larghi strati dell'opinione pubblica e chiudendo con i documenti svelati all'inizio del mese dal quotidiano Yedioth Ahronoth su negoziati nel 2013 in cui il leader del Likud sembrava pronto ad ampi compromessi con i palestinesi. Intanto, in attesa di conoscere il risultato, il capo di Stato ha gia' fatto sapere che in caso di parita', punta a spingere per un governo di unita' nazionale, mentre si studia una riforma elettorale che garantisca una maggiore stabilita'.