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Esteri
Giorgetti annuncia la svolta Ue. La Lega vuole sposare la Merkel
Lapresse

Giancarlo Giorgetti scopre le carte. Esce allo scoperto e in pochi minuti manda in soffitta anni e anni di sovranismo e di politica di contrapposizione nei confronti dell'Unione europea e in particolare della Germania. L'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio del Conte I e attuale responsabile esteri di Via Bellerio, durante il dibattito promosso a Catania in occasione della tre giorni leghista per l'inizio del processo a Matteo Salvini, ha usato parole che faranno infuriare i duri e puri del Carroccio: "Io sono diventato famoso perché penso che l'Europa esiste che ci piaccia o no; l'Europa va dove va il Partito popolare europeo; il Ppe va dove va la Cdu tedesca; si è aperta la corsa alla segreteria della Cdu, quindi il nuovo segretario condizionerà tutto. Io penso che un partito come la Lega che governa bene a livello nazionale e locale ha il dovere di confrontarsi con chi governerà la Cdu, quindi l'Europa. Premesso che i matrimoni si fanno in due, se io dico che non me ne frega niente della Cdu e del Ppe direi una cretinata. Noi siamo un partito che governa bene e ha governato bene quindi siamo uno dei protagonisti della politica europea".

In sostanza, Giorgetti annuncia l'addio all'alleanza al Parlamento europeo con la destra estrema di Alternative für Deutschland e, probabilmente, l'abbandono in tempi non tanto lunghi del gruppo Identità e Democrazia nel quale fa parte anche Marine Le Pen. Giorgetti - ottimi rapporti con Washington (non solo con l'Amministrazione di Donald Trump), volto dialogante della Lega per le cancellerie del Vecchio Continente e amico personale di Mario Draghi - ha capito perfettamente che con la contrapposizione frontale contro Bruxelles e Berlino si starà sempre all'opposizione. E siccome in Germania i sondaggi indicano che i cristiano-democratici della Cdu sono ancora nettamente il primo partito, sarà proprio con il successore di Angela Merkel che occorrerà aprire un confronto per un'eventuale adesione al Partito Popolare Europeo.

Quella di Giorgetti è anche una risposta alla recente nomina di Giorgia Meloni alla guida dei Conservatori europei (ECR). Il Carroccio, nel momento in cui Fratelli d'Italia assume un ruolo chiave e di primissimo piano in Europa in gruppo comunque che non è considerato estremista, non può restare isolato con la Le Pen e Afd a gridare contro l'"Unione Sovietica europea" (per usare uno slogan caro a Salvini quando nel 2014 girò l'Italia con il 'bastaeurotour'). E' evidente che per vincere le elezioni e governare non si può avere l'Unione europea contro e servono quindi anche i voti del centro, ma con questa svolta anticipata da Giorgetti il rischio però è quello di perdere una fetta di elettorato sovranista e nazionalista che aveva visto nella Lega proprio il grimaldello per portare l'Italia fuori dall'euro e dall'Ue.

Tant'è, il dado è tratto. La decisione è stata presa. Anche perché su 28 europarlamentari leghisti almeno 22-23 vivono da mesi un senso di fortissima frustrazione per aver lasciato in molti casi professioni prestigiose o ruoli di amministratori locali per essere a Strasburgo e non prendere mai palla. Forse, ecco spiegato il ragionamento di Giorgetti, è meglio stare dentro il sistema e provare a cambiare anche se di poco l'Unione, piuttosto che restare fuori e abbaiare alla luna isolati in un angolino.

Salvini, con il primo processo che inizia domani e un altro in arrivo, non può più permettersi di essere uno contro tutti. In Italia e in Europa. La Lega prova quindi la virata al centro, abbandona i toni forti da Italexit (per la gioia di Gianluigi Paragone a cui si apre un'autostrada) e bussa la porta ai conservatori tedeschi. Proprio quelli della "cattiva" Merkel che ancora l'anno scorso in occisione delle elezioni europee era nemica dell'Italia.

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