Gli Stati Uniti sapevano delle intenzioni di Israele di colpire Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, lo scienziato a capo del programma nucleare iraniano e Brigadier generale dei Guardiani della Rivoluzione islamica, ucciso il 27 novembre mentre era a bordo di un'auto a circa 70 chilometri da Teheran. Lo dice all'AGI Richard J. Stoll, docente di Scienze Politiche della Rice University, esperto di geopolitica, terrorismo e conflitti internazionali. "L'omicidio penso sia opera di Israele. E gli Usa dovevano sapere", sostiene Stoll. Noto almeno dal 2000 al Mossad, che tradizionalmente condivide intelligence con Washington, Fakhrizadeh-Mahabadi era scampato qualche anno fa ad un altro tentativo di eliminarlo. E' l'unico scienziato il cui nome appare in un documento (nel 2015) dell'Agenzia internazionale per l'Energia Atomica. Nel 2018 era stato citato durante una conferenza stampa dal premier israeliano Benjamin Netanyahu che disse "ricordatevi questo nome", mentre accusava Teheran di voler costruire la bomba atomica.
Quanto al fatto che l'assassinio di Fakhrizadeh-Mahabadi sia coinciso con il decimo anniversario dell'uccisione di un altro scienziato iraniano, Majid Shahriari, "e' solo una coincidenza", secondo Stoll. "Penso che Israele abbia agito perche' aveva buone informazioni su dove si trovasse. Questa e' la ragione principale per cui l'attacco e' stato condotto ora". Dal 2010 sono stati uccisi altri 3 scienziati di Teheran: Masoud Alimohammadi (sempre nel 2010), Darius Razaeinejad (2011) e Mostafa Ahmadi Roshan (2013). Per alcuni, l'eliminazione di Fakhrizadeh-Mahabadi "e' coerente" con l'obiettivo del presidente Donald Trump di impedire al successore Joe Biden di riportare gli Usa nell'intesa sul nucleare iraniano (Jcpoa). "E' coerente con la volonta' di Trump di impedire il ripristino del Jcpoa, ma come ho detto - rimarca Stoll - penso che l'uccisione sia opera di Israele. Certamente Israele era contraria al Jcpoa, ma intendeva uccidere Fakhrizadeh-Mahabadi indipendentemente da chi fosse il vincitore delle presidenziali americane. Quindi, sebbene complichi la strategia di Biden sul Jcpoa, non credo che questo sia il principale motivo per cui Israele l'abbia fatto". In ogni caso per il nuovo inquilino della Casa Bianca, avverte Stoll, "non sarebbe stato facile riportare gli Usa nell'accordo sul nucleare iraniano. Per l'Iran, tornare a rispettare i termini dell'intesa significherebbe eliminare l'uranio arricchito (che e' attualmente 12 volte superiore alla quantita' consentita dall'intesa) consentendo appropriate verifiche. L'Iran pretenderebbe l'allentamento delle sanzioni, possibilmente di quelle non collegate al suo programma nucleare. Dunque di sicuro questo complica le cose per Biden, ma non sarebbe stata una passeggiata anche senza l'assassinio di Fakhrizadeh-Mahabadi".
IRAN: ESPERTO ISRAELE, 'NETANYAHU POCO SAGGIO, VA ALLO SCONTRO CON BIDEN'
"L'uccisione di Mohsen Fakhrizadeh è un colpo per l'Iran, ma non lo fermerà". A dirlo all'Adnkronos è il professor Meir Litvak di Tel Aviv, attento osservatore dell'Iran, sottolineando di essere "uno dei pochi israeliani non contenti" per l'uccisione dello scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh. Secondo Litvak, che se ne dice "preoccupato", è anche "poco saggio" da parte di Netanyahu porsi così subito in contrasto con il presidente americano eletto Joe Biden. "Quello di cui sono più preoccupato è l'impatto di questo attacco sui rapporti d'Israele con l'amministrazione Biden. Chiaramente questo è un atto che cerca di mettere in difficoltà Biden impedendogli di tornare al Jcpoa", rimarca il professore, riferendosi all'accordo sul nucleare iraniano da cui è uscito il presidente americano Donald Trump. "Potrebbe ottenere questo risultato, ma creerà un bel po' di 'cattivo sangue' fra Israele e la nuova amministrazione. In altre parole (il primo ministro israeliano Benyamin) Netanyahu si sta gettando verso un confronto con gli Usa. Secondo me non è una politica saggia", sottolinea il docente del dipartimento Medio Oriente dell'università di Tel Aviv e direttore del Centro di Studi iraniani di questo ateneo. "E' vero che l'Iran non ha avuto un buon anno, ma questo non gli ha impedito di portare avanti i suoi obiettivi strategici", dice Litvak riferendosi all'uccisione del generale Qassem Soleimani da parte americana in gennaio e un'estate segnata a Teheran da misteriose esplosioni e l'uccisione del numero due di al Qaeda al Masri.
"L'uccisione di Fakhrizade è un colpo - nota l'esperto - ma non fermerà l'Iran. Un paese di 80 milioni di abitanti con centinaia di scienziati nucleari non dipende da una persona, troveranno un suo successore. Così come la morte di Soleimani non ha eliminato l'attività della forza Al Quds. Anzi, al contrario, potrebbe spingere gli iraniani ad accelerare le loro attività nucleari facendoli ritenere che sia l'unico modo per bloccare future iniziative contro di loro". "Mi ha colpito l'insistenza sulla vendetta da parte di alti dirigenti iraniani, compreso il tweet di Khamenei. Vi sono limiti alle umiliazioni che può assorbire il regime, anche perché ciò potrebbe avere conseguenze all'interno del paese. Per questo penso - prevede Litvak - che questa volta l'Iran farà un grande sforzo per una rappresaglia. Quale via sceglieranno, non lo so". (di Maria Cristina Vicario)
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