Esteri
Israele, corto circuito del Pd - Del Rio e Fassino, dai “riformisti” arrivano due bordate
Le schermaglie su Israele sono solo il preludio forse ad un nuovo periodo di forti tensioni all’interno del Pd

Elly Schlein
Israele, corto circuito del Pd - Del Rio e Fassino, dai “riformisti” arrivano due bordate
Non c’è proprio mai pace dentro al Pd. Quando sembra che il clima si sia rasserenato (almeno in apparenza), ecco arrivare una nuova grana, che mostra ancora una volta tutte le contraddizioni all’interno del più grande partito di opposizione.
Mentre, infatti, si analizzavano ancora i risvolti dei tre giorni di Montepulciano che in teoria avrebbe dovuto rafforzare la leadership della segretaria ecco che dai “riformisti” l’ala da sempre più critica verso la nuova linea politica impressa dal Nazareno, arrivano inaspettate due nuove “bordate”. Ambedue hanno a che fare con la questione mediorientale e con Israele in particolare. Ed ambedue arrivano da due esponenti di rilievo dell’ala dei riformisti. Lunedi il senatore del Pd Graziano Del Rio, presenta, con un tempismo quanto meno sospetto, un disegno di legge per il contrasto all’antisemitismo. La sua proposta è semplice: adottare la definizione di antisemitismo data dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) che qualifica come antisemita ogni critica radicale contro Israele.
E’ una definizione che per Amnesty è controversa. Si solleva il caso, a sinistra. Per Angelo Bonelli, “se questo testo diventasse legge, chi contesta radicalmente i comportamenti dello stato di Israele verrebbe definito antisemita e quindi sanzionato”. Ma la vera bordata arriva da uno dei fedelissimi della segretaria, uno dei colonnelli, ed uno di quelli che vorrebbe convincere la segretaria dem, ad affrontare a muso duro i propri contestatori, anche fino alle estreme conseguenze, sotto forma di congresso anticipato, Il capogruppo del Pd al Senato, Francesco Boccia. Una reazione contro Del Rio, che stupisce non solo per la forza con cui vengono prese le distanze su un tema così divisivo e delicato come quello del conflitto israelo palestinese per il Pd, precisando che la proposta di Delrio “è a titolo personale”.
È un modo per prendere le distanze. Delrio replica che “la definizione di antisemitismo è da noi usata perché assunta dal Parlamento europeo nel 2017 e dal governo Conte nel 2020”. Insomma una mossa quella di del Rio, firmata tra gli altri da Pierferdinando Casini, Simona Malpezzi, Filippo Sensi, Walter Verini, Sandra Zampa, Andrea Martella, che ha aperto un velo sulle contraddizioni della nuova direzione Pd, sempre in bilico tra Po-Pal e condanna di antisemitismo e terrorismo di Hamas.
Ma come se non bastasse la proposta di Del Rio, eccone arrivare la visita di Piero Fassino alla Knesset, che ha scatenato nuovamente le divisioni e le faide interne ad un partito sempre più spaccato. L’ex sindaco torinese ed ex segretario dei dem, infatti, è stato criticato, aspramente, dal suo stesso partito per alcune dichiarazioni (apparse ai più ovvie e scontate) pronunciate davanti alla Knesset, il parlamento israeliano, in cui descrive Israele come una democrazia. Fassino ha poi difeso le sue posizioni, mentre la segreteria del Pd ha preso le distanze Il responsabile esteri del Pd Peppe Provenzano ha ribadito che era in missione non per conto del partito, cosa smentita dalla composizione del gruppo di cui faceva parte il deputato Pd. Fassino fa parte del Gruppo di coordinamento del Protocollo di Cooperazione tra Knesset e Camera dei Deputato, e per questo motivo si trovava in missione a Tel Aviv, insieme a Paolo Formentini della Lega e Andrea Orsini di Forza Italia.
“Si tratta di due episodi ben studiati a tavolino da parte dei riformisti che ormai sembrano avere perso ogni indugio e cercano di mettere in difficoltà la Schlein. E il tema della Palestina così come quello dell’Ucraina, che probabilmente sarà il prossimo episodio della telenovela a cui assisteremo da qui ai prossimi mesi all’interno del partito. A questo punto io credo che davvero il congresso anticipato sia una soluzione quasi inevitabile e per certi versi perfino auspicabile.” dice un senatore di vecchio corso ex dc, ex Ds ed ora al gruppo misto. Congresso che è tornata a chiedere una delle principali antagoniste della segretaria, il vicepresidente del Parlamento europeo Pina
Picierno, anch’essa finita nell’occhio del ciclone qualche mese fa quando aveva incontrato un gruppo di esponenti di un celebre think tank israeliano di estrema destra, in visita al parlamento europeo. Il Pd, dice l’eurodeputata campana del pd, ha bisogno di un “confronto serio”. Perché l’alternativa non arriverà certo “dagli inviti ad Atreju e dallo statuto”. Alla domanda sull’idea di rivedere lo statuto per blindare Elly Schlein, nel partito e nel campo largo, la Picierno ha risposto a Il Foglio che “Allo stato attuale non so se ci sarà una proposta di modifica, né come eventualmente possa essere circoscritta. Io consiglio cautela: l’attuale statuto già garantisce largamente la leadership della segretaria, tanto nel pluralismo dentro il Pd quanto nella sua postura verso le alleanze. Non vedo la necessità di forzare la mano”
Facile ipotizzare allora che la riunione di Montepulciano abbia avuto alla fine l’effetto contrario rispetto a quello voluto (ricompattare il partito intorno alla segretaria).
Il correntone formatosi per appoggiarlo avrebbe secondo alcuni risvegliare la critica dei riformisti del partito, che cercherebbero ora di uscire dal isolamento, verso cui il partito vorrebbe spingerli. Qualcuno molto vicino alla Schlein, avrebbe confessato, che la cosa l’avrebbe piuttosto infastiditi, come in effetti il suo discorso piuttosto duro sembrerebbe dimostrare. Lei non ama sentire il fiato sul collo di chi vorrebbe fare il suo tutor o il suo mentore. Ma come visto alle ultime regionali in Puglia e Campania, il ruolo dei cacicchi e dei capibastone del partito, che lei tanto voleva rinnegare, sono stati decisivi per le nette vittorie. Quel “io sono la segretaria di tutti”, Stava appunto a significare che lei si sente la leader di tutti, e non solo di questo correntone che mi sostiene ma con un abbraccio un po’ troppo soffocante, era il non detto del ragionamento. Per uscire dall'angolo in cui si è messa, Schlein ha convocato un'assemblea per domenica 14 dicembre. La scelta di andare all'assemblea per "forzare" la mano non è certo il segnale di apertura che il "correntone" di maggioranza si aspettava. Ecco allora che le schermaglie su Israele sono solo il preludio forse ad un nuovo periodo di forti tensioni all’interno del Pd.
