Le Pussy Riot chiedono la libertà vigilata
Dopo Nadia Tolokonnikova anche una seconda attivista delle Pussy Riot, Maria Aliokhina, al pari della compagna condannata a due anni di lavori forzati per 'teppismo motivato da odio religioso', ha chiesto che le sia concessa la liberta' vigilata: lo ha confermato all'agenzia di stampa 'Interfax' un rappresentante del tribunale di Berezniki, dove l'avvocato della ragazza ha deposito l'istanza. A dare la notizia per prima, ieri sera, era stata l'emittente radiofonica radio 'Eco di Mosca' citando il marito di Tolokonnikova, il militante Piotr Verzilov.
Solo il giorno prima la legale di Aliokhina, Elena Darova, aveva affermato invece che la sua assistita non aveva intenzione di chiedere la condizionale, e che era pronta a scontare l'intera pena in carcere. Madre di un bambino piccolo, Maria sconta la condanna nel campo di lavoro appunto di Berezniki, nella regione di Perm, sugli Urali. Nel febbraio 2012 il gruppo punk-femminista delle Pussy Riot scateno' l'ira della Chiesa ortodossa e del Cremlino con una performance dissacrante nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, durante la quale imploro' la Vergine di liberare la Russia da Vladimir Putin. Il mese dopo, Nadia, Maria e la terza componente, Ekaterina Samutsevich, furono arrestate e poste in custodia cautelare. Ad agosto il Tribunale Distrettuale di Khamovnichesky le condanno' a due anni di detenzione 'dura', tra le proteste dei difensori dei diritti umani e del jet-set internazionale, che defini' il processo come politicamente motivato. In ottobre il Tribunale della citta' di Mosca concesse la liberta' condizionale a Samutsevich, la quale poco prima aveva cambiato linea di difesa, mentre confermo' la condanna per le altre due ragazze.