Papa Francesco svende la Chiesa cattolica alla Cina
Papa Francesco inguaia i cattolici cinesi
Il recente accordo del 22 settembre scorso, sottoscritto da Papa Francesco con la Cina presenta una ambiguità di fondo e un atto abbastanza scorretto nei confronti della Chiesa cattolica cinese e dei suoi aderenti.
Iniziamo dalla ambiguità.
Intanto c’è da dire che in Cina c’è una situazione di grande complessità perché finora c’erano vescovi nominati dalla Chiesa nazionalista cinese vicino al regime e quelli nominati, ma non riconosciuti, dalla autorità comuniste. L’accordo siglato non è assolutamente chiaro sul punto sostanziale e cioè della responsabilità delle nomine dei vescovi cinesi.
Il Papa, da vero gesuita, non ha voluto chiarire bene i termini della questione e dice che la responsabilità delle nomine sarà solo sua, ma non dice -come è assai probabile- se i vescovi saranno da scegliere da una rosa offerta dalle autorità comuniste.
E se così fosse, metterebbe in grande difficoltà i cattolici che per anni hanno lottato contro il regime a cominciare dal capo vescovo cinese.
Il baluardo cattolico in Cina è rappresentato dall’anziano (86) cardinale emerito di Hong Kong, Joseph Zen (quello in carica è monsignor Michael Yeung Ming - cheung), che negli ultimi tempi ha avuto un rapporto molto contrastato con Papa Bergoglio.
Ne avevo parlato a suo tempo qui:
Joseph Zen ha sempre criticato l’operato di Papa Bergoglio affermando che il Papa stava “svendendo la Chiesa cattolica”.
Quindi dopo anni di lotte, il vescovo Zen si trova con un accordo che non tiene conto di tutto quello che lui e i fedeli hanno dovuto subire dal regime e, cosa ancor più grave, li espone a gravi ritorsioni.
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