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Regeni, spunta un nuovo testimone: “Così gli 007 egiziani uccisero Giulio”

Gli agenti del National Security egiziani sapevano della morte del ricercatore friulano, Giulio Regeni, già il 2 febbraio del 2016, giorno prima del ritrovamento "ufficiale" del corpo. E, per deviare l'attenzione dalla loro attivita', erano pronti ad "inscenare una rapina finita male". Questo quanto emerge da una testimonianza, ritenuta attendibile dai pm di Roma, e depositata in vista dell'udienza davanti al gup della Capitale, fissata per il 29 aprile prossimo e che vede imputati il generale, Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.

Il testimone ha raccontato agli inquirenti italiani di essere diventato amico di Mohammed Abdallah, il capo del sindacato indipendente degli ambulanti del Cairo, che ha "venduto", secondo l'accusa, il ricercatore friulano ai servizi egiziani. L'uomo ha spiegato che il 2 febbraio del 2016 era con lo stesso Abdallah: "Ho notato che era palesemente spaventato - ha raccontato agli investigatori italiani -. Lui mi ha spiegato che Giulio Regeni era morto e che quella mattina era nell'ufficio del commissariato di Dokki in compagnia di un ufficiale di polizia che lui chiamava Uhsam (uno dei quattro 007 imputati, ndr) quando quest'ultimo aveva ricevuto la notizia della morte e che la soluzione per deviare l'attenzione da loro era quella di inscenare una rapina finita male".

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