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Esteri
Trump, fugge la spia minacciata. Repubblicano dietro il dossier hot

Oggi il Nyt, molto cauto sulla possibile veridicità di questo dossier, avalla la tesi che dietro tutto questo ci sia un nemico politico di Trump. "La storia è iniziata a settembre 2015", racconta il giornale, quando "un facoltoso donatore repubblicano" ha sborsato soldi per assoldare una società investigativa diretta da ex giornalisti e in particolare da Glenn Simpson, la Fusion Gps, per compilare un rapporto "su scandali del passato e debolezze del magnate". Simpson a quel punto ricorre ai servizi di Christopher Steele.

Informato da "una persona al corrente di questo tentativo", il New York Times fa notare che Steele, dati i suoi trascorsi, non poteva recarsi a Mosca per indagare personalmente e ha quindi reclutato collaboratori russofoni per allacciare contatti e ricercare informazioni in Russia che potessero mettere in difficoltà l'aspirante presidente. Steele ha poi compilato una serie di memo, tutti lunghi alcune pagine, e li ha sistematicamente forniti a Fusion GPS dallo scorso giugno a dicembre: a quel punto Trump era già stato eletto e i due non avrebbero più ricevuto finanziamenti dallo sconosciuto oppositore repubblicano, ma avrebbero comunque deciso di continuare il loro lavoro, che ha fruttato informazioni su due "operazioni" da parte russa: la prima, durata un anno, puntava a usare i contatti di Trump in Russia per renderlo influenzabile, la seconda avrebbe implicato una serie di incontri tra rappresentanti del magnate americano anche per discutere le azioni di hackeraggio ai danni del partito democratico.

Il New York Times evidenzia che Steele gode di una "eccellente reputazione" presso l'intelligence britannica e americana, "ma buona parte di quanto gli è stato riferito è molto difficile da verificare". Per questo, malgrado molti media americani avessero ottenuto i clamorosi rapporti su Trump e la Russia, nessuno aveva osato pubblicarli. Ma il fatto che la Cia, l'Fbi e la National Security Agency li abbiano inclusi nel loro rapporto sugli attacchi hacker di origine russa ha sdoganato la vicenda anche a livello mediatico. Facendo infuriare Trump, che ieri ha negato alla Cnn una domanda, accusando il giornalista di lavorare per un'emittente che produce fake news.

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