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Esteri
Usa, da Kerry a Blinken: come cambia la politica estera col team Biden

Joe Biden, presidente eletto degli Stati Uniti, ha scelto le figure che lo affiancheranno durante i prossimi quattro anni di amministrazione. Più degli altri, Antony Blinken, John Kerry e Linda Thomas-Greenfield avranno il compito di indirizzare e attuare le linee guida in politica estera del presidente.

Dottrina “Blinken”

Il segretario di Stato, se il Senato lo confermerà, sarà Antony Blinken. Un personaggio su cui è già stato scritto molto, scandagliando la sua vita privata e pubblica, per cercare di prevedere quale sarà la sua “dottrina” e come la metterà in pratica. La cosa su cui quasi tutti gli analisti e gli studiosi sono concordi è che Blinken, essendo un pragmatico, riporterà fiducia nel multilateralismo e nell’alleanza con i paesi europei, in controtendenza rispetto a quanto fatto dal presidente uscente Donald Trump. Nei suoi passati incarichi governativi si è occupato in maniera particolare di Medio Oriente ed è un fervente sostenitore dell’accordo sul nucleare iraniano.

I rapporti con la Cina, invece, saranno peculiari. L’approccio statunitense con Blinken nei confronti di Pechino non cambierà particolarmente, la competizione mondiale tra i due attori rimarrà. Il prossimo segretario di Stato, infatti, ha affermato che avere a che fare con il Dragone sarà la sfida più importante per gli Stati Uniti nel prossimo futuro.

The world just doesn’t organize itself”, ovvero “il mondo non si ordina da solo”, è quanto afferma Blinken e sarà il mantra che probabilmente animerà la sua politica. Riportare a tutti gli effetti gli Stati Uniti ad agire come potenza mondiale.

Antony Blinken
 

Kerry contro il cambiamento climatico

Joe Biden ha puntato molto, anche in campagna elettorale, sull’attenzione verso i temi green e sulla lotta contro il cambiamento climatico. La nomina di John Kerry, già segretario di Stato di Barack Obama, come inviato speciale per il clima è un segnale forte. Il posto a lui dedicato nel Consiglio di sicurezza nazionale sta a simboleggiare come Biden valuti il cambiamento climatico un problema urgente per la sicurezza stessa del paese.

Kerry, nel suo discorso di presentazione, ha speso più di una parola sull’Accordo di Parigi. Biden nelle settimane scorse aveva già ribadito che rientrare nell’accordo per limitare le emissioni globali di gas serra sarà tra le prime azioni della nuova amministrazione. Kerry, che nel 2015 fu uno dei promotori e realizzatori della firma, ha spiegato che ciò non sarà abbastanza. Sempre secondo il nuovo inviato presidenziale, servirà l’impegno di tutti gli attori mondiali perché nessuna nazione da sola può risolvere il problema.

Nonostante, come detto in precedenza, la relazione tra Pechino e Washington rimarrà conflittuale soprattutto in campo tecnologico ed economico, la figura di John Kerry potrebbe in qualche modo avvicinare le due potenze mondiali. Se da un lato la volontà di riprendere le redini dei vari organismi multilaterali da parte Usa ostacola la strategia cinese, per il Dragone rosso ritrovare un personaggio come Kerry, che conosce già la Cina per esperienza diretta, potrebbe aiutare a stabilizzare i rapporti. Quantomeno cercando di collaborare su determinati settori, come per esempio la questione climatica. Pechino, d’altronde, si è appena posta come obiettivo quello della neutralità carbonica entro il 2060.

John Kerry con l'inviato speciale cinese per il clima Xie ZhenhuaJohn Kerry con l'inviato speciale cinese per il clima Xie Zhenhua
 

Thomas-Greenfield, torna la diplomazia

Invece la prossima ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite sarà, se verrà approvata dal Senato, Linda Thomas-Greenfield. Biden ha scelto una diplomatica di lungo corso (35 anni di carriera sulle spalle in quattro continenti diversi) nel tentativo di riabilitare il paese a stelle e strisce agli occhi dei propri alleati e di tutto il globo dopo l’esperienza Trump.

Secondo Thomas-Greenfield le sfide che il mondo si trova ad affrontare in questo periodo storico sono diverse ma interconnesse, a partire dalla pandemia e dalla ripresa dell’economia, passando per le migrazioni di massa, la povertà estrema e le ingiustizie sociali. La ricetta per risolverle e superarle è solo una: l’America deve guidare e indicare la via. Anche per la prossima ambasciatrice all’Onu, quindi, il rilancio del multilateralismo a guida Usa è fondamentale.

Le premesse per un ritorno statunitense sulla scena mondiale ci sono tutte. Bisognerà vedere se dal 20 gennaio prossimo, giorno dell’insediamento di Biden e del suo gabinetto, alle parole seguiranno i fatti.

Linda Thomans-Greenfield
 

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