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Esteri
Usa, 'Paesi cessi'. Bufera su Trump

Il presidente statunitense Donald Trump, in un incontro nello Studio Ovale con alcuni membri del Congresso, usa parole dure contro gli immigrati. A parlamentari e senatori che gli chiedevano di riconsiderare la decisione di togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani, il tycoon ha risposto: "Perché gli Stati Uniti dovrebbero avere tutta questa gente che arriva da questo cesso di Paesi?".

Trump ha smentito dopo qualche ora dicendo di aver usato un linguaggio forte, ma non quelle parole. "Gli Stati Uniti - ha cercato di correggersi il presidente - sarebbero costretti a prendere un gran numero di persone 'da paesi ad alta criminalità e messi male'. Voglio un sistema di immigrazione basato sul merito e persone che contribuiscano a migliorare il nostro paese. Quello che è stato duro - ha aggiunto - è stato ricevere una proposta così stravagante".

Il riferimento è all'accordo bipartisan sul Deferred Action for Childhood Arrivals (Daca), la legge che tutela i 'dreamer', i bambini arrivati negli Usa insieme a genitori che risultano come immigrati irregolari. Il senatore democratico Richard Durbin che, insieme al repubblicano Lindsay Graham ha riportato la vicenda, na ribadito che Trump ha pronunciato quelle parole "ripetutamente". Durbin ha anche elogiato il collega Graham per il coraggio avuto nel contraddire il pensiero del presidente.   

Un'espressione volgare quella di 'shithole countries' usata dal presidente e che subito ha scatenato polemiche. Secondo quanto riferisce il Washington Post, Trump si sarebbe spinto anche oltre: "Gli Stati Uniti dovrebbero attirare più immigrati da Paesi come la Norvegia".

Tra le reazioni più dure le dimissioni dell'ambasciatore americano a Panama, John Feeley: "Come funzionario del ministero degli Esteri ho firmato un giuramento di servire il presidente e la sua amministrazione senza farmi condizionare dalla politica, anche se posso non concordare con certe scelte. Le mie istruzioni sono chiare: se ritenessi di non poter più servire, sarebbe per me un obbligo d'onore dimettermi. Questo momento è arrivato adesso".

Attraverso il portavoce Rupert Colville le Nazioni Unite hanno espresso il proprio sdegno per la frase del presidente americano: "Non c'è un'altra parola che può essere usata se non 'razzista'. Se confermato e non smentito ufficialmente, si tratta di un pensiero vergognoso e scioccante".

"Parole allarmanti e estremamnete offensive". Così le ha definite Jesse Duarte, vice segretario dell'African national congress, il primo partito del Sudafrica. "Gli Stati Uniti hanno milioni di disoccupati e di persone senza assistenza sanitaria, ma noi non faremo comunque commenti dispregiativi.Gli Usa sono, nella storia, il più grande esempio di Paese costruito sui valori della diversità e delle opportunità per tutti, soprattutto per i migranti".   

Dopo le parole di Trump il governo del Botswana ha convocato l'ambasciatore americano per ricevere chiarimenti.

I presenti all'incontro - secondo indiscrezioni riportate dai media americani - sarebbero rimasti spiazzati dal duro attacco del presidente. Il senatore repubblicano Lindsay Graham e quello democratico Richard Durbin sono rimasti gelati: solo pochi minuti prima, avevano proposto di tagliare del 50 per cento la lotteria per i visti di ingresso negli Usa continuando a tutelare gli immigrati già residenti nel Paese con lo status di protezione. Status accordatogli in quanto costretti a lasciare i loro Paesi di origine per sfuggire alle conseguenze di catastrofi come i devastanti terremoti che negli anni passati hanno colpito El Salvador o Haiti.

Una situazione che ha messo in Imbarazzo anche il segretario generale americano, Rex Tillerson, che ha pronunciato un discorso sul 'rispetto' e i 'valori' degli Stati Uniti, preparato prima che scoppiassero le polemiche legate alla frase di Trump e in contrasto con il pensiero del presidente. Tillerson ha affermato che "i valori contano", elogiando "diversità e differenze, i percorsi di vita e le varie culture". Fattori che permettono anche alle istituzioni americane di crescere. "La nostra stella polare - ha concluso - è il rispetto di tutti".

Le parole pronunciate da Trump fanno eco a quelle che il presidente avrebbe detto nei mesi scorsi. Lo scorso giugno avrebbe infatti sostenuto che i 15mila haitiani arrivati negli Stati Uniti nel 2017 "hanno tutti l'Aids". Non se la sono cavata meglio i 40mila nigeriani giunti negli Usa lo scorso anno: "Non torneranno più nelle loro capanne".

Ma Trump ha stupito anche su un altro fronte, quello della Corea del Nord. A sorpresa, in un'intervista al Wall Street Journal, ha riferito di "avere probabilmente un rapporto molto buon con Kim Jong Un". Il presidente non è entrato nel dettaglio e non ha chiarito se ci siano stati contatti diretti. Alla domanda su possibili colloqui fra Trump e Kim, il presidente ha risposto: "Non commento. Non voglio dire se l'ho fatto o meno. Non voglio commentare".

I media americani si sono adeguati all'era Trump e, rompendo una consolidata tradizione, hanno pubblicato per intero le parole volgari usate dal presidente senza omissioni o asterischi per nascondere la parola usata: 'shithole'.

''Ci è stato subito chiaro che dovevamo pubblicare il linguaggio direttamente, senza parafrasarlo. Abbiamo voluto essere sicuri che i lettori capissero esattamente la portata della notizia'' ha spiegato Phil Corbett del New York Times. Il quotidiano, a differenza di altre pubblicazioni, ha però evitato la parola incriminata nel titolo, preferendo usare un'espressione comune. ''Siamo ancora inclini a evitare volgarità nei titoli'', ha ribadito Corbett.

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