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Esteri
Violenza donne, Ankara si ritira: "Convenzione Istanbul danneggia la famiglia"
Foto: LaPresse

Violenza sulle donne, la Turchia si ritira dalla Convenzione di Istanbul  

La Turchia esce dalla Convenzione di Istanbul del 2011, lasciando un grande vuoto su due dei più gravi problemi del paese: la violenza domestica e i femminicidi. Redatto dieci anni nella città turca, la Convenzione di Istanbul è il primo trattato vincolante al mondo per prevenire e combattere la violenza contro le donne. Una carta che impone ai governi di adottare una legislazione in grado di perseguire la violenza domestica e gli abusi, nonché lo stupro coniugale e le mutilazioni genitali femminili. Ma ora, per il gruppo conservatore del paese, la Convenzione "danneggia l'unità familiare e incoraggia il divorzio". I suoi riferimenti all'uguaglianza, secondo i conservatori, "venivano strumentalizzati dalla comunità Lgbt". La decisione, firmata dal presidente Recep Tayyip Erdogan e pubblicata in gazzetta ufficiale, arriva in seguito alle manifestazioni e le polemiche della scorsa estate, in merito all'intenzione manifestata dall'Akp, il partito di Erdogan, di abbandonare il protocollo. Solo lo scorso 8 marzo il presidente turco aveva condannato “ogni forma di violenza o costrizione, fisica e psicologica" nei confronti delle donne, definendole "crimini contro l'umanità. 

Violenza sulle donne, i numeri drammatici della Turchia 

Crimini che in Turchia continuano a segnare numeri drammatici. Secondo i dati della piattaforma contro i femminicidi (Kadin Cinayetlerini durduracagiz platformu), nel 2021 sono già state uccise 74 donne per mano di uomini, dopo che nel 2020 erano stati contati almeno 300 casi e 171 morti sospette. Nel 2019 e nel 2018 in Turchia erano stati contati rispettivamente 474 e 440 femminicidi. Tra i casi ritenuti sospetti non ci sono solo le morti avvenute in circostanze ancora da chiarire ma anche i suicidi, a cui molte donne si trovano costrette dal clima familiare di ripudio e odio che può scattare per una relazione che la famiglia non approva, o per aver rifiutato matrimoni combinati. Una oppressione psicologica messa in atto per evitare omicidi che comporterebbero condanne per un membro maschio della famiglia.

Si tratta di una situazione alla quale le autorità turche hanno cercato di porre un freno, con 5.748 condanne a pene detentive inflitte lo scorso anno. Un numero minimo, se si considera che, in base ai dati forniti dal ministero degli Interni, nel 2020 ben 271.927 uomini sono stati soggetti a restrizioni imposte da autorità giudiziaria, 6.050 uomini sono stati condannati per violenza domestica o sono stati posti in centri di disintossicazione da droghe e alcool, 99 donne sono state costrette a cambiare identità e residenza, 409 donne hanno dovuto abbandonare il luogo di lavoro e sono stati applicati 333 braccialetti elettronici per controllare i movimenti di stalker.

Inoltre, nella stessa giornata Erdogan ha licenziato con un decreto presidenziale il governatore della sua banca centrale e lo ha sostituito con l'economista e politico Sahap Kavcioglu. La rimozione arriva dopo che giovedì la Banca centrale ha deciso di alzare il suo tasso di interesse al 19%. Il forte innalzamento del costo del denaro ha lo scopo di evitare l'esplosione dell'inflazione, alla luce dell'indebolimento della lira turca, ma il governo sostiene che tassi di interesse così elevati deprimano gli investimenti.

Violenza sulle donne,  Boschi (Iv): "Ogni passo indietro sulla tutela dei diritti  è una ferita per tutti" 

Alla notizia della firma del decreto sull'uscita della Turchia dalla convenzione di Istanbul, il mondo della politica italiana non ha tardato a rispondere. Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva, in un tweet dichiara: "Una pessima notizia: la Turchia lascia la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Ogni passo indietro sulla tutela dei diritti delle donne è una ferita per tutti. E allontana la Turchia dall’Ue". Anche per Teresa Bellanova (Iv), viceministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili "è grave la decisione della Turchia di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul, il trattato Europeo che impegna le nazioni firmatarie a un impegno forte contro la violenza sulle donne.  "E nonostante le rassicurazioni del governo turco, che ha giustificato la decisione spiegando che già la legislazione nazionale tutela le donne– aggiunge Bellanova– ritengo questa scelta profondamente sbagliata. Questa importante battaglia per assicurare tutela e pari opportunità per le donne deve vederci uniti in uno sforzo globale. Non possiamo permetterci ritardi e defezioni". Dal fronte politico opposto, il senatore di Forza Italia Enrico Aimi, capogruppo in commissione Affari Esteri, afferma: "E’ gravissima la decisione della Turchia di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul, peraltro, senza nessun preavviso presso il Consiglio d’Europa. Si tratta di un'azione inaccettabile per l’Unione europea, che mette in pericolo la sicurezza e la protezione delle donne, e che la dice lunga sulla volontà politica della Turchia di abbracciare i valori occidentali nonché i diritti umani che fanno parte della cultura e delle storiche battaglie europee. Oggi più che mai è necessario avviare la riflessione sui rapporti con la Turchia e sulle modalità con cui l’Unione Europea vuole continuare a interloquire con un Paese che dimostra di essere lontano anni luce dai principi delle democrazie occidentali". 

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