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Birra e famiglia: tra passione e business del consumo fuori casa

La birra in Italia va alla grande e trascina il settore Ho.Re.Ca., generando 6 miliardi di euro l’anno per bar e ristoranti (7,8% del giro d’affari complessivo). E' questo l'interessante risultato della ricerca realizzata da Althesys per conto dell'Osservatorio Birra, ente promosso dalla Fondazione Birra Moretti.

Ereditato dal vocabolario francese e acronimo di Hôtellerie, Restaurant e Café (o Catering secondo alcuni), il termine Ho.Re.Ca. identifica quel settore commerciale che accorpa tutti gli esercizi pubblici preposti alla preparazione e alla somministrazione di alimenti e bevande. Una galassia, qui in Italia, costituita da oltre 325.000 punti di consumo e capace di far registrare numeri molto importanti nei conti del Paese. Ma anche un ambito di riferimento per le dinamiche sociali che alimentano il nostro vivere quotidiano e di cui tutti noi abbiamo esperienza. Già nel 1989, lo studioso statunitense Ray Oldenburg definì il mondo dell’Ho.Re.Ca. il “Terzo Luogo”, ovvero quel contesto in cui l'essere umano, dopo il guscio della famiglia e le inquadrature del lavoro, (ri)trova il senso della comunità ed esprime il suo spirito conviviale. “Un territorio neutrale, il cui accesso è facile e gradevole e dove la principale attività che vi si svolge è quella del conversare”.

È proprio sotto questa doppia lente, economico-sociale, che vanno letti i risultati del nuovo studio “Famiglie e birra, la spina dorsale dei consumi fuori casa in Italia” condotto da Althesys per conto dell’Osservatorio Birra e promosso da Fondazione Birra Moretti, Fondazione di partecipazione costituita nel 2015 da HEINEKEN Italia e Partesa al fine di contribuire alla crescita della cultura della birra in Italia.

Un dato di partenza: per le famiglie italiane la quinta voce di spesa è rappresentata proprio dai consumi in servizi di ristorazione che ammontano a circa 76,4 miliardi di euro (anno 2015 – fonte FIPE/Federazione Italiana Pubblici Esercizi su dati ISTAT). Cifra importante che ha inciso per il 7,6% sull'ammontare complessivo dei consumi e per ben il 34,6% sul totale dei consumi per generi alimentari e bevande. 

(Fonte: ISTAT)

 

IL GIRO D’AFFARI DEL SETTORE HO.RE.CA. IN ITALIA
Dati alla mano, il mercato italiano dei servizi di ristorazione ha dimostrato di essersi opposto alla complessa congiuntura economica. La crisi ha inciso negativamente sui consumi di generi alimentari (facendo registrare un -18,7 miliardi di euro di consumi tra il 2007 e il 2015) ma il suo impatto ha colpito quasi esclusivamente i consumi domestici (-18,3 miliardi di euro, ovvero il 98,2% del calo complessivo). L’Ho.Re.Ca., invece, è rimasta stabile e le spese destinate ai servizi di ristorazione nello stesso periodo sono calate in maniera marginale (-344 milioni di euro). 


È questo un andamento tutto italiano, in netta controtendenza rispetto a buona parte del resto d'Europa dove il calo dei consumi alimentari ha riguardato quasi esclusivamente il comparto dei consumi fuori casa (fonte FIPE su dati Eurostat).

A conferma di ciò, la ricerca evidenzia che nel 2016 il 77,1% degli italiani ha consumato, più o meno abitualmente, cibi e bevande nei locali di ristorazione. Attitudine, questa, più maschile che femminile: c’è infatti una prevalenza di uomini (53,9%) nella categoria Heavy Consumer (4-5 pasti a settimana). 

Numeri significativi anche sul fronte dell’occupazione: in Italia sono oltre 687.000 i lavoratori dipendenti direttamente impiagati negli esercizi commerciali (ben 325.110, come detto) della galassia Horeca (dati 2015 - fonte FIPE).

UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA FAMIGLIA 
Con i suoi 48 punti di consumo ogni 10.000 abitanti, il comparto dell'Ho.Re.Ca. italiano è uno dei più frammentati d’Europa (fonte Euromonitor). In Francia (23 pdc), Germania (24), Regno Unito (25) i numeri sono decisamente inferiori. È solo in Spagna che lo scenario appare più affollato del nostro (62).

Puntiamo la lente e vediamo i parziali: la categoria ristoranti (che accorpa anche le pasticcerie e le gelaterie) rappresenta il 53,1% del totale degli esercizi commerciali, i bar sono il 45,9% mentre il restante 1% include tutte le strutture preposte alla ristorazione collettiva (come ad esempio le mense aziendali). Dal punto di vista geografico, la distribuzione degli esercizi si presenta abbastanza omogenea: il 32% è ubicato nel Sud/Isole, il 27% nel Nord Ovest del Paese, il 21% al Centro e il 20% nel Nord Est.

Il nostro mercato è anche quello dove opera il minor numero di catene (5,4%). È questo un dato interessante, utile per inquadrarne meglio le dinamiche, soprattutto se comparato con quelli della Francia e della Germania (paesi in cui tale valore si attesta intorno al 28,5%) o del Regno Unito (37,7%).

La presenza di un elevato numero di imprese dalle dimensioni ridotte si traduce anche in forme giuridiche snelle: oltre la metà degli esercizi commerciali è composta da ditte individuali mentre il 32,4% da società di persone. Molto ridotto, di conseguenza, appare il peso delle società di capitali (15,2%). È dunque una gestione tendenzialmente familiare quella che caratterizza le imprese del settore Ho.Re.Ca. italiano: il titolare e i suoi più stretti parenti sono direttamente coinvolti in esse, godendone in prima persona i frutti e le fortune.
La famiglia d’altro canto, ribaltando la visuale dal versante produttivo a quello dei consumi, è anche uno dei principali target di riferimento per i servizi offerti dagli operatori dell’intero comparto della ristorazione fuori casa.

LA BIRRA ACCENDE LA SPINA
Il settore dell’Ho.Re.Ca. italiano è in salute e i numeri lo dimostrano. In tutto questo la birra recita un ruolo decisamente incisivo. Con un focus mirato, lo studio evidenzia come attraverso i canali Ho.Re.Ca., lungo tutto il Paese, ne sono stati venduti circa 7,8 milioni di ettolitri (dati 2015). Uno spumeggiante fiume in piena capace di generare quasi 6 miliardi di euro per gli esercenti, ovvero circa il 7,8% dei loro ricavi complessivi.
Tali volumi, continuando a ragionare in termini di ettolitri venduti, rappresentano circa il 41,5% dei consumi complessivi di birra in Italia (fonte Assobirra) e, seppur inferiori a quelli riconducibili alle vendite del circuito off-trade (quello dei supermercati e degli ipermercati, per intenderci), generano quasi il 75% dei ricavi totali del mercato birrario italiano.
Il maggior prezzo che i consumatori riconoscono nell’acquistare una birra in un bar, in un ristorante o in una pizzeria ripaga abbondantemente quel valore esperienziale e relazionale connesso al piacere di gustare un buon prodotto fuori casa, in un luogo ameno e magari in compagnia di persone care. Per dirla con le parole di Oldenburg: al desiderio di vivere fino in fondo la convivialità del Terzo Luogo.

La vendita è solo l’ultimo stadio di un processo che, nei canali Ho.Re.Ca., investe numerosi attori lungo una catena che passa dalla fornitura di materia prima alla produzione, dalla logistica alla distribuzione e, infine, alla vendita. Il valore aggiunto generato annualmente dall’intera filiera della birra destinata all’Ho.Re.Ca. è di oltre 2 miliardi di euro (l’80% è imputabile alla vendita finale). 

LA BIRRA GENERA OCCUPAZIONE (SOPRATTUTTO GIOVANILE) 
La birra è leva importante anche in termini occupazionali. Lungo l’intera filiera di produzione, distribuzione e vendita di birra destinata al canale Ho.Re.Ca., i lavoratori dipendenti ricollegabili al prodotto birra sono infatti quasi 75.400 (ovvero poco più del 10% del totale dei lavoratori dipendenti dell’intero comparto in Italia). Di questi circa 69.700 sono quelli riconducibili alla fase della vendita, che ancora una volta si dimostra la più significativa dell’intera catena. 

Il trend è incoraggiante: dal 2009 al 2015 il numero di lavoratori dipendenti di esercizi Horeca direttamente connessi al consumo di birra è aumentato di circa 8.000 unità (+13%). E a beneficiarne sono stati soprattutto i giovani. Nel 2015 il 33,7% dei lavoratori dipendenti del settore della ristorazione aveva meno di 30 anni e l’82,8% meno di 50 anni (fonte ISTAT).

L'INCIDENZA SUL SEGMENTO 
La vendita di birra ha dunque un peso significativo sull'intero segmento Ho.Re.Ca. Entrando nel dettaglio, lo studio ha stimato il peso che ricopre in termini di ricavi per i due segmenti più significativi: quello dei bar e quello dei ristoranti. Sono stati circa 222.900 gli esercizi considerati (di cui il 51,5% bar e il 48,5% ristoranti) con un fatturato complessivo di circa 51,3 miliardi di euro.
Per entrambi i segmenti sono poi stati individuati diversi cluster di suddivisione: 4 per i bar (breakfast, lunch, non specializzati, bar serali) e 5 per i ristoranti (trattoria tradizionale, only pizza, top & gourmet, grandi multipurpose, smart).

CONSUMI AL BAR O AL RISTORANTE
Per i 114.720 bar presi in considerazione, i ricavi da vendita di birra sono stati stimati in 1,962 miliardi di euro, pari all’11% delle loro vendite totali. Il cluster bar serali è quello in cui la birra fa registrare il peso maggiore sulle vendite complessive (27,5%, che diventa 50% per i bar birreria). Questa specifica categoria, a cui afferiscono i pub e i locali di tendenza, pur se in termini numerici rappresenti solo il 7,2% degli esercizi commerciali, ha una grande valenza dal punto di vista economico in quanto genera il 30% dei ricavi da birra per l’intero segmento bar.

Per i 108.163 ristoranti considerati, i ricavi connessi direttamente alla vendita di birra sono stimati in 2,339 miliardi di euro pari al 7% delle vendite totali. 

(Fonte: elaborazione Althesys su dati TradeLab e Agenzia delle Entrare)

In chiusura di indagine arriva una conferma. Nel segmento ristoranti, la sottocategoria in cui la birra ha il peso specifico maggiore è quella delle pizzerie, dove incide direttamente sulle vendite per una quota pari all'11%. E non a caso le stesse pizzerie all'interno dell'intero comparto ristoranti, pur se contribuiscono solo per il 6,7% all'ammontare complessivo dei ricavi, hanno una quota superiore al 10% in termini di volumi di birra venduta.

L’Osservatorio Birra rappresenta un punto di osservazione sul mondo della birra, con l’obiettivo di analizzare il ruolo e l’impatto della filiera sul panorama economico e culturale italiano. Promosso dalla Fondazione Birra Moretti, nel 2017 ha prodotto tre studi: “La Primavera della birra” (aprile 2017), un lavoro basato sull’analisi e la rielaborazione dei dati economici e reputazionali provenienti da fonti ufficiali; “Birra valore condiviso” (maggio 2017), analisi che ha stimato la creazione di valore condiviso che il settore ha generato nel nostro Paese nel 2015, esaminandone gli impatti sul sistema economico nazionale e sui consumatori; “Birra e famiglie, la spina dorsale dei consumi fuori casa in Italia” (novembre 2017), indagine sul settore Horeca e il valore aggiunto generato dalla vendita di birra. 

La ricerca è stata commentata oggi a Milano, con Alfredo PratolongoPresidente Fondazione Birra Moretti, nel ruolo di moderatore e gli interventi di  Luciano SbragaDirettore Ufficio Studi FIPE, Alessandro MarangoniAmministratore Delegato AlthesysSøren HaghAmministratore Delegato HEINEKEN Italia.

Nel suo intervento, il manager danese ha sottolineato le peculiarità di un mercato come quello italiano, molto fratastagliato tra le singole realtà locali e regionali, ma anche ricco di potenzialità. Inoltre, catalizzando l'attenzione dei presenti, Hagh ha annunciato che nel 2018 verrà rilanciata l'Università della Birra, un progetto ispirato al passato ma proiettato nel futuro, con lo scopo di formare tutti gli opeatori della filiera produttiva della birra al fine di massimizzare i risultati del settore.

 

 

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osservatorio birra presenta la sua ricerca e heineken annuncia: "nel 2018 l'università della birra"




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