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ANBI promuove il progetto Venus per rendere resilienti i territori minacciati dalla salinizzazione
Vincenzi (ANBI): "Questa è una delle sperimentazioni che vedono i Consorzi di bonifica impegnati nella ricerca di tutte le possibili soluzioni per rafforzare la resilienza dei territori"

ANBI guida la sperimentazione del progetto “Venus” per contrastare la salinizzazione e rilanciare i territori vulnerabili
Il progetto internazionale “Venus” ha raggiunto una fase cruciale dopo quasi due anni di sperimentazioni sul campo. I campioni di biomassa appartenenti a quattro specie vegetali resilienti — Atriplex, Beta marittima, Salsola oppositifolia e Suaeda maritima — sono stati trasferiti al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” di Caserta. Questo invio conclude la parte agronomica delle attività, portata avanti dal Consorzio di bonifica Adige Euganeo in due aree test del territorio veneziano: una superficie di 4.000 metri quadrati presso l’impianto idraulico Gesia a Cavarzere e un’altra di 8.000 metri quadrati nell’area dell’impianto Zennare a Chioggia.
L’iniziativa rientra in un programma internazionale da oltre 4 milioni di euro, finanziato dal progetto “Prima” di Horizon 2020, e mira a contrastare il peggioramento delle condizioni ambientali nelle zone più vulnerabili della Città Metropolitana di Venezia, caratterizzate da terreni posti sotto il livello del mare e sempre più esposti al fenomeno della salinizzazione. L’obiettivo centrale è verificare la sostenibilità, sia ambientale sia economica, dell’utilizzo di specie vegetali locali, trascurate e sottoutilizzate (NUS), valutando la loro capacità di far fronte agli effetti del cambiamento climatico e all’aumento della salinità dei suoli. Queste piante, infatti, richiedono ridotte quantità d’acqua e sono in grado di prosperare in condizioni estreme, trasformando aree marginali in suoli produttivi e contribuendo al loro miglioramento.
“Questa è una delle sperimentazioni che vedono i Consorzi di bonifica impegnati nella ricerca di tutte le possibili soluzioni per rafforzare la resilienza dei territori. La salinizzazione dei terreni li rende non coltivabili con il conseguente loro abbandono", commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). "Noi stiamo cercando di individuare nuovi strumenti di contrasto nonchè opportunità, affinchè le popolazioni locali mantengano il fondamentale presidio del territorio. Ne parleremo a Febbraio in una specifica iniziativa nazionale in Toscana”.
“Non solo sale la linea del fico d’India lungo lo Stivale, ma aumenta la pressione del mare lungo le coste ed anno dopo anno cresce l’intrusione salina, ormai registrata a decine di chilometri nell’entroterra con pesanti ripercussioni sugli ecosistemi e la vita delle comunità. I tempi della risposta infrastrutturale con la realizzazione di barriere antisale sono lunghi ed è quindi alla natura, che ci si rivolge per individuare possibili risposte, anche recuperando culture del passato, ma che tornano di grande attualità’’, aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
I primi risultati dei test agronomici condotti dal Consorzio sono stati positivi: tutte le specie sperimentate in terreni limosi e caratterizzati da elevata salinità hanno mostrato una naturale resistenza. L’unica pianta che ha manifestato minori performance è stata la Salicornia, probabilmente per la necessità di livelli salini più elevati nel suolo. Ora la fase decisiva è affidata ai laboratori dell’Università Vanvitelli, dove i campioni sono sottoposti ad analisi del carbonio, indispensabili per determinare con precisione la “water use efficiency” delle quattro essenze. Questo parametro, che misura il rapporto tra acqua utilizzata e carbonio fissato durante la fotosintesi, permetterà di valutare se le piante abbiano trovato un ambiente favorevole e se possano svolgere pienamente il ruolo ecologico previsto, contribuendo al recupero e alla valorizzazione dei suoli.
Il progetto “Venus”, che coinvolge 12 partner provenienti da 8 Paesi del Mediterraneo — Italia, Grecia, Spagna, Egitto, Giordania, Marocco, Algeria e Tunisia — punta alla creazione di una filiera completa e di un mercato dedicato a queste nuove colture. “Le previste plantumazioni rappresentano un azzardo alle nostre latitudini, sebbene il cambiamento climatico e la progressiva salinizzazione dei suoli potrebbero rendere alcuni nostri habitat ideali per queste specie”, osserva Lorenzo Frison, ingegnere del Consorzio di bonifica Adige Euganeo, che aggiunge: “Un secondo passo decisivo sarà trovare il loro campo d'impiego: sebbene il progetto consideri l'industria farmaceutica come destinazione primaria, ritengo che possano trovare ottimo impiego anche nelle aree residuali, dove la loro presenza arricchirebbe significativamente la biodiversità”.
Il confronto tra i partner internazionali è continuo e strutturato: per il mese di maggio è già prevista una giornata aperta dedicata agli stakeholder del settore agricolo, occasione per presentare dati, discutere risultati e approfondire le prospettive di queste soluzioni naturali in vista di un modello agricolo più resiliente e sostenibile per l’intero Mediterraneo.
