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Clima: la soluzione immaginaria

di Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

Chiunque abbia partecipato ad una riunione di condominio con una decina di vicini di casa conosce l’amarezza di momenti in cui ci si scontra col più gretto interesse, con la più smaccata malafede, con l’arroganza degli incompetenti. Se poi i partecipanti sono più di cinquanta o sessanta, se ne esce spossati, disgustati, abbattuti, con la tentazione (che hanno in tanti) di non partecipare mai più a questo genere di assemblee, quale che possa essere il costo di lasciare campo libero ai più esagitati e ai più dementi.
Chiunque abbia avuto esperienze di questo genere si sarà dunque meravigliato leggendo che a Le Bourget, nella Conferenza sul clima, sullo stesso testo si sono messe d’accordo (“all’unanimità”, nientemeno) “centonovantacinque nazioni”. La prima reazione è netta: “Non è possibile”. L’unanimità, a partire da un certo numero (e siamo lontanissimi da quasi duecento) non si ottiene nemmeno se si propone di non accecare i bambini. Perfino in un caso del genere si avrebbe qualcuno che vota contro, magari con la motivazione che bisogna fare di più e di meglio. Quando il congresso è ampio, se appena ci sono minimi interessi discordanti, ci può essere una larga maggioranza ma l’unanimità no. Se su un testo sono d’accordo in centonovantacinque è chiaro che quel testo non dice niente. Oppure, se qualcosa dice, lo dice in modo tale che ciascuno possa interpretarlo a suo modo; di sicuro non impone nulla di negativo a nessuno, e le stesse cose positive su cui ci si è impegnati non devono essere cogenti e sanzionate. Insomma deve trattarsi d’un testo che esprime soltanto buone intenzioni e nulla più. Questa la previsione data dal buon senso.
Dalla Conferenza sul clima di Le Bourget ogni persona ragionevole si aspettava dunque ben poco. Era certo prevedibile che, per non perdere la faccia, dopo avere scomodato tante brave persone ai più alti livelli, si annunciasse un successo; ma difficilmente si sarebbe potuto immaginare che si esagerasse in tutte le direzioni prevedibili. A parte le scene di giubilo viste a Parigi, sulla “Stampa” Roberto Giovannini proclama che “Neanche i più sfegatati ambientalisti, pochi mesi or sono, avrebbero sperato in un risultato simile. L’ ‘accordo di Parigi’, molto probabilmente, lo ricorderemo in futuro come un momento di passaggio storico, lo spartiacque tra l’era dei combustibili fossili e quella delle energia pulite”. Esso è “quanto di più preciso, circostanziato, definito, scientificamente plausibile e politicamente applicabile si potesse ragionevolmente auspicare”. Manca soltanto la “coda”, quelle note trionfali e clamorose che concludono molte grandi sinfonie. E dire che in questo caso per smorzare gli entusiasmi basta un minimo d’ informazione.
Per cominciare, la prova del mantenimento degli impegni assunti dai vari Paesi si avrà mediante autocertificazioni. Come chiedere al criminale detenuto – e a lui soltanto – di certificare che non è venuto meno agli impegni assunti nel momento in cui ha ottenuto gli arresti domiciliari. Per giunta, se la violazione delle regole è assolutamente ovvia ed innegabile, non sono previste sanzioni. Del resto non si saprebbe chi potrebbe applicarle. Tutto è lasciato alla buona volontà dei firmatari.
I Paesi ricchi si sarebbero impegnati a versare cento miliardi di dollari l’anno ai Paesi poveri, per aiutarli a mantenere i loro impegni, ma – per cominciare – non crediamo si sia scritta una lista dei Paesi ricchi. L’Italia ne fa parte? Proprio noi, che in questo decennio siamo andati in giro con le pezze sul sedere? E ne farebbero parte, o no, la Grecia, il Portogallo, la Turchia? E chi, venuto il momento, non affermerà che, stante la congiuntura negativa, non può far fronte all’impegno? Magari più tardi. Inoltre un Presidente meno idealista di Obama – lo avremo fra meno di un anno – oserà chiedere agli americani di svenarsi per gli altri? Gli interrogativi sono molto numerosi. Per giunta il testo è pieno di espressioni vaghe (“prima possibile”, “rapidamente”) tali da rendere giuridicamente evanescenti gli obblighi assunti.
Interessante anche l’ambizione di bandire al più presto e totalmente le energie fossili, carbone e petrolio (lo spartiacque di Giovannini, che non spartisce un bel niente), mentre quest’ultimo come costo è ai più bassi livelli, mentre gli ecologisti stramaledicono il nucleare e mentre le cosiddette energie “pulite” già non erano concorrenziali nemmeno quando il petrolio era a cento euro al barile. Dopo avere ascoltato tutti questi discorsi, si sarebbe lieti di veder tornare a casa a piedi quei centonovantacinque importanti statisti. Ma forse allora ci direbbero che hanno soltanto scherzato e alzerebbero una mano per fermare un taxi.
A Parigi si è data una soluzione immaginaria ad un problema che, forse, è anch’esso immaginario. Perché soltanto questo potrebbe salvarci.