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L’Intelligenza Artificiale e l’impatto "disastroso" sull’ambiente

Intelligenza Artificiale, fascino e disastro

Per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente del pianeta molto spesso i luoghi comuni si sprecano. Pensiamo che basti piantare alberi, smettere di usare combustibili fossili o preservare l’acqua per rimettere in sesto la terra. Certo sono passi importanti ma talvolta ci dimentichiamo di come altre nostre azioni siano inquinanti e rischino davvero di modificare il sistema ambientale. Uno degli esempi più semplici è legato all’auto elettrica che riteniamo ideale in termini di emissioni dimenticandoci dello smaltimento delle sue batterie, ancora adesso un bel punto di domanda.

In questa direzione si sta facendo strada un altro protagonista, affascinante per un lato e disastroso dall’altro, ma che la maggioranza di noi considera a costo zero per quanto riguarda l’inquinamento. Stiamo parlando dell’intelligenza artificiale generativa (AI), per intenderci quella che muove chatbot intelligenti come ChatGPT che, come per magia, possono creare testi musicali o opere d’arte. Se per la maggioranza di noi utenti  l’IA generativa non è altro che un qualcosa in più offerto dall’ultimo Pc o dal nostro nuovo cellulare “monstre” a livello tecnologico, per gli esperti  essa non è neutrale ma un soggetto complesso che consuma, e anche tanto.

Intelligenza Artificiale, vorace consumatore di energia

Consuma in quanto usa architetture basate su reti neurali, con milioni di parametri che devono essere preparati. Solo quattro anni fa un team di scienziati ha calcolato che il settore tecnologico, entro il 2040, rappresenterà il 14% delle emissioni globali e la domanda di energia dei data center si duplicherà di ben 15 volte entro sette anni. Presto ci ritroveremo a parlare con la macchina, chiedendole compiti che prima facevamo in prima persona.

E' stato calcolato che “insegnare” ad un modello di elaborazione del linguaggio naturale significa inquinare come farebbero cinque auto a benzina in tutta la loro vita o come 120 voli andata e ritorno Pechino New York. Senza parlare di consumo di acqua che serve ai sistemi di raffreddamento. Google, secondo Nature, ha consumato quasi 16 miliardi di litri di acqua nel 2021 e Microsoft quasi 4. E poi vi è la dipendenza dai metalli rari, indispensabili per i componenti elettronici. Tutto questo “meccanismo” rappresenta un consumo energetico dei data center pari all’ 1% o il 2% del totale mondiale.

Intelligenza Artificiale, si "mangia" minerali, si "beve" acqua e consuma energia

Per far funzionare le applicazioni dei potenti computer sono necessarie altre legioni di computer che memorizzano trilioni di dati e fanno operazioni in frazioni di secondo. Quindi il problema principe dell’IA e dei suoi attori non è quello di immagazzinare dati sensibili (Tik Tok è sotto la lente d’ingrandimento delle “Intelligence” americane ed europee) ma la quantità enorme di risorse energetiche, minerarie ed idrauliche necessarie per farli funzionare. Il nostro rapporto con i programmi di uso comune sta per cambiare. Presto ci ritroveremo a parlare con la macchina, chiedendole compiti che prima facevamo.

Le grandi Big Tech non toccano questi temi preferendo convincere le persone di lavorare con l’obiettivo di ottenere una certa neutralità dal carbone grazie ad azioni “visibili” e sostenibili( nuove piantumazioni a d esempio). Una stima indipendente rileva che il consumo di elettricità del gennaio 2023 presso OpenAI, la società di ChatGPT, potrebbe essere equivalente al consumo di un anno di oltre 170.000 famiglie danesi. E ChatGPT non è ancora così diffuso ma al momento lavora con qualcosa come 175 miliardi di parametri che necessitano di energia per operare. 

I data center cinesi sono alimentati da elettricità generata dal carbone, che ha provocato l'emissione di almeno 100 milioni di tonnellate di CO₂ nel 2018. Ed allora come evitare di impoverire il pianeta senza smettere di usare social, computer, devices di ogni tipo e potenza? Una delle possibili soluzioni per rendere meno inquinante la formazione sarebbe quella di diminuire la complessità degli algoritmi senza perdere in efficienza. Semplice a dirsi molto meno a farsi. in pratica una sfida che ancora non ha trovato risposta.

 

 

 

 

 

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