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Salerno, traffico illecito di rifiuti e inquinamento: sette arresti all'alba

Salerno, continui sversamenti nel Vallo di Diano: 7 arresti 

Un'indagine che ha avuto il compito di impedire che i “continui sversamenti trasformassero il Vallo di Diano nella nuova ‘terra dei fuochi’ a disposizione della criminalità organizzata”. Lo sottolineano gli inquirenti di Potenza che hanno delegato ai carabinieri le indagini denominate Shamar (parola ebraica che sta per custodire gelosamente, ritenere prezioso) che ha portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette persone ritenute responsabili di traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale. Di queste, una è finita in carcere, cinque ai domiciliari e un'altra sottoposta all'obbligo di dimora. In carcere, Luigi Cardiello, già coinvolto in indagini in materia ambientale delle procure di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere tra gli anni ’90 e l'inizio degli anni 2000 che gli valsero il soprannome di ‘Re Mida’ dei rifiuti.

Le indagini della Dda lucana rappresentano un filone autonomo dell'inchiesta ‘febbre dell’oro nero’ relativa a un vasto contrabbando di idrocarburi. “Nel corso delle captazioni – spiega in una nota il procuratore Francesco Curcio – era emerso in forma assolutamente chiara l’impegno di Raffaele Diana, già coimputato assieme a Cardiello nelle indagini Re Mida e Cassiopea, di agevolare l’ex compagno di affari nella ricerca di nuovi siti di illecito stoccaggio e sversamento per rifiuti pericolosi, frutto di lavorazione industriale”.

Per Diana, oggi in arresto nell'ambito di una inchiesta delle procure di Taranto e Potenza su un contrabbando di oli minerali con accordi tra clan campano/lucani e tarantini, non sono “stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza” in questa indagine, ma gli accordi iniziali tra lui e Cardiello hanno consentito di aprire un nuovo fronte di indagine nei confronti dell'ex Re Mida, ritenuto, “sia per capacità che per rilievo criminale”, in grado di gestire una nuova organizzazione completamente autonoma nel traffico di rifiuti, con proiezioni verso territori sino ad ora inesplorati dalle organizzazioni criminali operanti nel  settore.

Cardiello avrebbe avuto l’esigenza di individuare, nel Vallo di Diano e nelle aree limitrofe della Basilicata e della Puglia, nuovi terreni che non destassero particolari sospetti e che fossero ben collegati con gli assi viari principali per facilitare le operazioni di trasporto. Gli investigatori hanno, quindi, circoscritto presunti comportamenti illeciti che sarebbero riconducibili alle lavorazioni di una società di Polla (Salerno), la Pra.Cal., operante nel settore del ferro e dell’alluminio, e di un’altra di Sant’Arsenio, la Betonval, già operante nel settore del cemento.

Le due ditte si sarebbero rivolte all'organizzazione messa in piedi da Cardiello “per uniche finalità di profitto, volte al considerevole risparmio dei costi aziendali rispetto allo smaltimento legale dei rifiuti prodotti”. Un sistema “particolarmente" pericoloso perché Cardiello  aveva avuto la disponibilità di terreni di proprietà di indagati, i cui fondi sarebbero stati trasformati in discariche, costituite per la maggior parte da liquami composti da acidi, “dannosissime per le ripercussioni sull'ambiente e con alterazioni incalcolabili e, forse, irreparabili per l'ecosistema”.

A ottobre di due anni fa, sono stati sequestrati 18mila litri di solventi chimici che sarebbero stati pronti allo sversamento nel comune di Atena Lucana. “La pericolosità di tali rifiuti – chiariscono gli inquirenti - era ben nota agli indagati, uno dei quali, addirittura, se ne lamentava al telefono con i propri complici facendo riferimento al fatto che il liquido trasportato aveva corroso la vernice del proprio veicolo”.

Dal successivo scavo, dalla campionatura e dalle analisi svolte con l’Arpac, è stato certificato come il terreno fosse stato “avvelenato da precedenti sversamenti”, come si vede dalle fotografie aeree scattate con i droni che individuano chiazze colorate che hanno poi guidato le operazioni dell'Agenzia regionale campana per la protezione ambientale e i cui esami hanno evidenziato la presenza di “rifiuti speciali pericolosi rientranti nella categoria ‘HP 14 Ecotossico’".

Tra l’altro, il territorio interessato è qualificato area naturale protetta, essendo parte della riserva Naturale Foce Sele - Tanagro. Gli arresti hanno impedito, inoltre, che “l'organizzazione allargasse il proprio raggio d'azione ad altri siti, in parte già individuati nel comune di Tursi (Mt) e in parte oggetto di una pianificata espansione ancora a livello embrionale nella provincia di Foggia”. Alcuni riscontri alle investigazioni sono arrivati dalle dichiarazioni fornite da uno dei complici di Ciardiello (non inserito nei destinatari di misura cautelare), ma altrettanti “se ne prevedono dalle successive attività di scavo che la Dda intende avviare nei prossimi giorni”. L’operazione ha portato al sequestro preventivo d'urgenza delle aziende che sarebbero coinvolte nel traffico.

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