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Repubblica, non spetta ai direttori di giornale guidare i partiti

Il "Corriere della Sera" fu fondato, nel 1876, a Milano, da Eugenio Torelli-Viollier, che lo diresse per 20 anni. E, dunque, nella sua storia, 100 anni più lunga di quella de "La Repubblica"-che, il 14 gennaio, ha festeggiato i primi 40 anni-anche il "Corriere" ha manifestato ai lettori una certa "idea dell'Italia", secondo la formula di Piero Gobetti, citata da Ezio Mauro, nell' editoriale di commiato dai lettori.
Il direttore piemontese- chiamato, con affetto, "Topolino" da Pansa-prima di lasciare la guida a Mario Calabresi, ha respinto la definizione di "giornale-partito". Ma non ha negato il ruolo, politico, che il quotidiano, fondato dal calabrese Eugenio Scalfari- che, nominato da Mancini, fu deputato del Psi pre-Craxi-ha svolto, soprattutto con la durissima, violenta opposizione a Silvio Berlusconi, nel lungo periodo in cui è stato a Palazzo Chigi il Cav.tormentato da domande assillanti anche sulla sua vita privata e persino sulla sua frenetica "ginnastica" sul lettone, regalatogli dall'amicone di Mosca, Putin.
E l'editore, don Carlo de Benedetti, ha definito, con orgoglio e sussiego, il suo giornale "il baluardo nella difesa dei diritti e degli equilibri costituzionali"per le magnifiche, e progressive, sorti del Paese, ca va sans dire...
In un Paese normale, tuttavia, non dovrebbe spettare nè agli editori nè ai direttori dei giornali, neppure a quelli più autorevoli, il compito di orientare, o influenzare, le linee politiche dei partiti, bensì quello di informare i lettori. Come ai magistrati compete il controllo della legalità dei cittadini, politici e non.

Durante la lunga fase del berlusconismo, larghi settori della sinistra hanno ritenuto, sbagliando, che, per sconfiggere il fondatore di "Forza Italia", i partiti dovessero essere supportati, talvolta sostituiti, dagli intellettuali, da personaggi dello spettacolo e anche da conduttori  televisivi "de lotta" e da "La Repubblica" che-lo ha rivendicato Ezio Mauro- è stato un protagonista, politico e culturale, del teatrino italiano.
La conquista, da parte del quotidiano romano, di larghi settori di lettori, elettori o ex, del centrosinistra, non è andata, tuttavia, di pari passo con lo sviluppo, nel Parlamento e nel Paese, di una sinistra forte, autonoma, riformista, completamente guarita dal giustizialismo e dal populismo. Mauro avrebbe dovuto riflettere su questo punto che, invece, ha trascurato, nella sua lunga omelia di ieri.
Sarebbe positivo se, oggi, parallelamente all'affermazione, nel PD, di una nuova leadership, tutti i giornali-in una fase resa drammatica dall'offensiva, scatenata dal terrorismo di matrice islamica-informassero e fornissero ai lettori analisi, rigorose e obiettive, per comprendere fenomeni nuovi e molto complessi. Come l'articolo sulle eccessive "timidezze" delle toghe contro il terrorismo internazionale, firmato, di recente, sul "Corriere della Sera", dal prof.Panebianco, che ha altresì denunciato, non a torto, la crescita, eccessiva, della magistratura come potere forte e politicizzato.
È questa la funzione dei media, non quella di allevare una cerchia di austeri e aristocratici custodi della Costituzione, di arcigni tutori della legalità e del buoncostume, di nostalgici del Partito d'azione di don Ugo La Malfa.
Una funzione fondamentale : dare ai lettori, come si sforza di fare Affaritaliani.it, gli strumenti necessari per comprendere la realtà,  stampare o collocare sul web notizie, interviste, commenti. E non "lottare" contro i presunti, "infami nemici", con l'obiettivo di convincere i lettori della giustezza delle proprie idee, in un Paese, che tornerà normale solo quando  tutti osserveranno le regole, non invadendo i campi di altri.