Autonomia, prospettive e limiti di una scelta - Affaritaliani.it

Lavoro

Autonomia, prospettive e limiti di una scelta

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La voglia di autonomia che spinge alla libera professione si rispecchia anche nell’attività lavorativa, che resta caratterizzata da una forte impronta individuale, nonostante i segnali in controtendenza evidenziati da alcuni segmenti professionali e soprattutto dalle fasce più giovani.

Che sia all’inizio della carriera o alla fine, tuttora l’orientamento a lavorare da soli resta di gran lunga prevalente per quest’anima del terziario. E se da un lato, una simile vocazione rappresenta un valore centrale della scelta professionale fatta, dall’altro lato, costituisce un limite allo sviluppo di un sistema di servizi professionali più strutturato, in grado di presentarsi anche su quei mercati, in particolare esteri, che oggi appaiono poco o per nulla presidiati. E’ quanto emerge da un recente rapporto Censis – Adepp dal titolo “Le professioni in Italia: una ricchezza per l’Europa”

Ben il 75,9% dei professionisti italiani svolge la propria attività in forma individuale, nella maggior parte dei casi come unico titolare dello studio professionale (53,5%), e solo il 17,7% è socio di uno studio con più titolari o di una società tra professionisti.

Questa spiccata atomizzazione del mondo professionale italiano, la cui spina dorsale è fatta di tanti professionisti che si presentano sul mercato contando solo sulle proprie forze o sul supporto di collaboratori e dipendenti, e in molti meno casi di partner, assume un rilievo ancora più marcato se si considera la quota di consulenti (lo è il 20,2% dei professionisti), alta soprattutto tra i giovani (29,6%), che rappresenta una delle modalità più frequenti attraverso le quali si esercita la professione.

È questa la forma più snella per svolgere l’attività professionale, in forma di mono-committenza (6,4%) – in questo caso avvicinandosi molto allo schema tipico del lavoro subordinato, ma senza le relative tutele – o in più casi presso vari clienti (13,9%). Quest’ultima condizione è frequente soprattutto tra le professioni sanitarie (il 22,6% dei professionisti in quest’area è consulente presso più clienti, l’8,5% presso uno solo) e rappresenta la forma più basic di esercizio dell’attività professionale: sostanzialmente non c’è struttura organizzativa alle spalle, i costi di gestione sono neutralizzati e il confronto con il mercato è quotidiano e immediato, in termini di opportunità, competenze richieste, volume d’affari generato. Pur con tutte le difficoltà che può presentare, resta la forma di lavoro autonomo che permette di entrare nel mercato rapidamente e senza troppi fronzoli, acquisire quell’esperienza ed affinare quelle competenze che saranno un bagaglio importante nel prosieguo dell’attività professionale.