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Libri & Editori
Michele Navarra: “Racconto la vita reale, con storie credibili e originali”

I protagonisti sulla scena si muovono in parallelo con le forze di polizia e non conducono mai indagini in modo autonomo. Come mai non ha scelto di creare una figura di avvocato-investigatore alla Perry Mason?

Quando ho iniziato a scrivere volevo mostrare il mondo in cui si muovono e vivono gli avvocati per quello che è e non per come lo immaginano gli scrittori o i produttori televisivi. Perché una storia sia piacevole è importante che sia credibile o almeno verosimile e io mi sono limitato a mostrare quello che davvero è la vita degli avvocati. Un avvocato non è un investigatore. In Italia, poi, gli avvocati si ritrovano a dover lavorare usando quello che altre persone hanno scoperto e sulla base di quei lavori tracciare una difesa per il proprio assistito. Al protagonista ho affiancato una figura che si poteva occupare delle indagini parallelamente alla polizia ma che non si sostituiva a questa anche perché, se fosse stato l’avvocato a fare le indagini e a trovare prove, come le si giustificava in tribunale? Che credibilità avrebbe avuto per un lettore? Oltre a queste domande c’era anche una questione mia, personale. Lei ha citato Perry Mason e si potrebbero citare altri esempi illustri. Io volevo creare qualcosa di nuovo e di originale, trovare un mio spazio e un mio stile per i miei lettori e per farlo non potevo scegliere strade già battute.

Ho trovato molto curioso che, pur parlando della criminalità, lei non abbia fatto riferimenti alla Mafia o alle grandi associazioni criminali come invece avrebbe potuto fare qualsiasi altro giallista. Perché questa scelta?

Perché è un argomento che altri scrittori, forse più capaci di me, hanno già trattato. Inoltre avrei dovuto confrontarmi con autori del calibro di Camilleri e si sarebbe trattato di una “sfida” narrativa non indifferente. Ritengo opportuno, siccome è un tema molto inflazionato, che a occuparsene lo facciano persone più competenti che ne sanno più di me. Io preferisco dedicarmi alle mie storie.

Ne La Tana del Serpente ha toccato molti temi: la giustizia, la povertà, il problema dell’integrazione. Ma anche l’amore, visto in varie sue forme e suoi aspetti. In certi momenti mi sembrava che avesse deciso di riprendere la trama di Romeo e Giulietta e darle una veste nuova, più “cupa”. Ci parla di questa scelta?

Guardi, non avevo assolutamente pensato a una cosa del genere. Vorrei tanto poterle dire “sì, avevo inserito questo discorso e l’ho nascosto nei meandri della storia, complimenti per averlo trovato” ma sarebbe una bugia, anche se trovo il parallelismo interessante. Nel mio romanzo ho cercato di mostrare personaggi che fossero il più veri possibili e per fare questo dovevo puntare anche sul comportamento umano che è fatto di emozioni complesse. L’amore è molto di più del semplice atto romantico. Nell’amore c’è la passione, l’infatuazione ma anche il rifiuto, la negazione e tutto quello che ne consegue, quindi gli odi e le vendette.

Parliamo del protagonista, Alessandro Gordiani. È una figura stabile della sua scrittura e lo abbiamo già trovato anche in Solo Dio è Innocente e ha un nome che trovo sia curioso. Quando ha pensato a lui si è ispirato a qualcuno? Un amico, un collega, un giurista che ammira…?

Gordiani è una figura che dentro di sé ha richiami a tante persone. Le posso dire che il suo soprannome “il Caca dubbi” è qualcosa che ho sentito spesso. È un termine che indica una persona che ha sempre dei dubbi, non è convinta di quello che vede e quindi deve andare avanti e trovare la verità. Per quanto riguarda il nome, Alessandro Gordiani è una eufonia. Alessandro è un nome greco e l’ho scelto perché mi piace il suono. Gordiani è un termine che affonda nella mitologia greca, dal nodo gordiano, quel nodo talmente forte, talmente ben fatto da essere impossibile da spezzare o da sciogliere.

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Nel suo romanzo sono molto presenti anche le figure di giovani ragazzi. Sono presentati come complessi, arrabbiati, stanchi… i nuovi vinti. Quanto è importante questo tema per lei, e quanto pensa sia importante per gli scrittori di oggi?

Penso sia un tema importantissimo quello di occuparci dei giovani. Non solo perché sono giovani e sono il nostro futuro ma anche e soprattutto perché il tema della giustizia si impara da piccoli. Io sono stato chiamato spesso a partecipare a incontri nelle scuole. A volte nelle Università per parlare della mia professione o nelle scuole superiori per tenere delle brevi lezioni su scrittura e professione giudiziaria, quindi ti trovi una classe con ragazzi che hanno letto il tuo libro e vogliono sapere. Ho partecipato anche al progetto Educal che si prefigge di parlare ai ragazzi delle scuole superiori di legalità, si simulano dei casi assieme ad altri avvocati, pubblici ministeri e giudici, e si dà loro la possibilità di vedere e partecipare a dei processi finti che sono basati su problemi di giustizia attuali, le scuole di Roma sono molto sensibili a questo tema, lo promuovono molto. È interessante vedere come i ragazzi abbiano una forte vena giustizialista su temi che sono molto lontani da loro. Sono molto duri, vogliono la condanna forte, partecipano molto al dibattito. Quando invece si arriva a trattare di cose più vicine a loro, come il piccolo spaccio, il piccolo consumo o la piccola devianza, tendono sempre a minimizzare, a essere elastici e super tolleranti o addirittura a scagliarsi contro la giustizia. Queste iniziative che si preoccupano di portare il tema della legalità nelle scuole con un approccio diretto, toccandolo con mano, sono importanti anche per far capire ai ragazzi che ci sono conseguenze alle loro azioni. In questa sede mi è capitato di sentire spesso i ragazzi minimizzare certi comportamenti o addirittura ridimensionare episodi di bullismo dicendo che “sono scherzi”, “ragazzate” e questo perché hanno una scala di valori e di percezione delle azioni e delle conseguenze che è distorta. Magari una “ragazzata” come l’insulto online ha delle conseguenze tragiche. È importante che siano consapevoli delle loro azioni e delle conseguenze che queste possano avere.

Una domanda un po’ più personale. Ci ha parlato del suo impegno come scrittore e come avvocato nella crescita dei giovani ma anche dei lettori e ha fatto, in questa intervista, molti riferimenti alla cultura classica. Qual è la sua filosofia di vita? Un messaggio da trasmettere a tutti?

Riconoscimento della responsabilità delle proprie azioni. Anche nel mio romanzo ci sono delle volte in cui Alessandro deve fare i conti con la sua coscienza e con le azioni che ha compiuto e come lui anche altri personaggi. Ma, se parliamo fuori dalla finzione scenica, è importante reimparare a prendersi la responsabilità delle proprie azioni e avere il coraggio di chiedere scusa. Oggi, entrambe le cose sembrano essere scomparse. È sempre colpa di qualcun altro. Torniamo a essere responsabili, torniamo a dire “ora questo posto lo sto occupando io e quello che accade nel bene e nel male è mia responsabilità, non di chi viene prima o dopo”. E soprattutto, reimpariamo a chiedere scusa. Tutti sbagliamo. Ma nessuno chiede più scusa o cerca di rimediare ai propri errori.

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