Impegnata costantemente nel diffondere cultura e arte, l’Associazione Vivarte di Urbino pubblica i suoi “Quaderni”, dove le parole diventano poesie e immagini curate da Silvia Cecchi e Oliviero Gessaroli. Con efficacia i “pensieri in versi” formano figure variopinte che attraggono il lettore con la speranza per gli autori che questa forma espressiva d’arte acquisti un valore salvifico. La cultura d’altronde, lo insegnano i grandi è incontro, comunicazione, arricchimento di soggettività e oggettività e l’arte che si estrinseca nella prassi e nell’oggettività e si mostra senza vincoli. L’arte può salvare così come la cultura salva, libera dalla schiavitù del consumismo, da un’oggettivazione di cose che non perseguano finalità unicamente pragmatiche. Altrimenti non si potrebbe comprendere la bellezza e l’intensità della natura, i suoi messaggi a suon di vento, pioggia, luce, buio, che arrivano diretti senza bisogno di notifiche virtuali. E si legge nel “Quaderno”: «L’autunno te ne accorgi una mattina / in cui ti cade lo sguardo su una luce / radente a terra / poi la vedi animarsi e barcollare / presa nel vento della strada» (p. 13).
Proseguendo nella lettura dei versi oltre a osservare attorno molteplici fotografie naturalistiche, si incontrano boschi, campagne, si assiste al cambio delle stagioni e un guardarsi proprio come fa Silvia Cecchi che rivolge attenzioni a Madre Natura, al suo generarsi e morire. Un ciclo talvolta trascurato dall’umano. Appassiona la scrittura vissuta dall’Autrice, guidata dalla “Solitudine”, dal “Notturno”, o ancora dalla “Laguna” in pittura. L’occhio con l’animo attraversano il libretto e si rispecchiano nel cielo come stelle.
La poesia è salvezza. Cura, tormenta, risolve, assolve. Vive e muore e poi rinasce “come un ricordo”, “perduto in un tempo che verrà”. Si respira nostalgia e un bisogno incessante di memoria. “Non voglio dimenticare!” Sembra dirci Cecchi ed è per questo che scrive: «con le sue buriane e i suoi deserti di gelo / le sue mareggiate e le valli abbandonate ai venti / lo schianto dei larici sulle pendici dei monti / e le sue catastrofi segrete / i bei mattini in cui ti svegli / e trovi un piccolo sole su ogni foglia» (p. 28). Descrizioni di paesaggi. Qui il paesaggio assume la metafora esistenziale di un vissuto in un’ermeneutica del già visto. Come è riportato nel titolo “pensieri in arte” il lettore si saprà orientare nella trama delle parole e delle immagini, svolazzando tra pensieri colorati e dipinti sfumati da una psicologia dell’io in un’universalità della vita. Certo è che per vedere un paesaggio non basta aprire gli occhi “su un assortimento di cose sparigliate su un lembo di crosta terrestre”, ma si tratta di possedere “quel sentimento di unità divina o della totalità assoluta” che sussiste al di sotto o nel retro del paesaggio e che direbbe qualcuno “tutto ridisegna e cancella senza posa”. Forse è anche questo l’intento di Silvia Cecchi e Oliviero Gessaroli - senza posa: rompere i confini, - togliere i vincoli e disegnare e tratteggiare una natura infinita, libera per poter in un certo senso ritrovare la vera natura del genere umano. Qui probabilmente il segreto. Il mirabile mistero dell’arte.
Commenti