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MediaTech
Antonio Maglio, fondatore di “Quotidiano”, un esempio di giornalismo

A chi si sta avvicinando al mondo dell’informazione, ai giovani praticanti che hanno messo piede nelle redazioni da poco tempo ma anche al lettore che non può fare a meno di sfogliare il suo quotidiano preferito voglio raccontare la storia di un grande giornalista.  Antonio Maglio da Alezio, scomparso esattamente dieci anni fa. Cronista di razza animato da una curiosità innata, una spinta propulsiva che lo porta sin da ragazzo ad appassionarsi al mondo dell’informazione. Dopo una prima importante esperienza al Messaggero di Roma dove studiava giurisprudenza a “La Sapienza”, tornato ad Alezio fonda con un gruppo di amici, grazie all’aiuto finanziario di Mimì Alemanno, imprenditore del luogo, e dirige  il trisettimanale “18° Meridiano”. In quell’occasione emersero le sue inconfondibili attitudini di uomo squadra, di grande organizzatore, doti espresse già a sedici anni quando insieme ad alcuni amici crea un gruppo di boy scout  ad Alezio.

Durante il periodo universitario studia e lavora, pensando ossessivamente ai giornali tanto da avviare un rapporto di collaborazione con “Sera Sud”, quotidiano diretto da Riccardo Forte, col “Corriere del giorno” di Taranto e, trasferitosi a Portogruaro, col “Messaggero Veneto” dove oltre ad acquisire l’esperienza in redazione, assimila anche le competenze tipografiche, approfondendo la conoscenza delle nuove tecnologie. Sono le basi per il futuro: la bella “penna” si completa con l’uomo-macchina, un binomio che porterà a compimento giù nel Salento un progetto dalla portata storica, che nessuno aveva mai osato ipotizzare. Tonino, per gli amici, stava già pensando a fondare un quotidiano.

La ghiotta occasione si presenta nel settembre  1973 quando Maglio approda alla direzione della Tribuna del Salento, il più importante settimanale leccese fondato nel 1959 dal professore Ennio Bonea, intellettuale illuminato, protagonista della vita culturale meridionale. L’esperienza e soprattutto l’entusiasmo di Maglio danno subito i primi frutti; il giornalista-manager modernizza il settimanale nella grafica, aumenta il numero delle pagine, migliora i contenuti puntando su approfondimenti e inchieste. E’ già un primo piccolo successo, una crescita che porta alla costituzione della Co.Gi.Sa. (Cooperativa di giornalisti salentini), la prima del genere in Puglia. Gli apprezzabili successi editoriali sono corroborati anche dal grande impatto dato dai  fascicoli speciali di “Salento giorni di sole”, inserti patinati con cui, soppiantando il solito cliché di sole e mare pulito, si preferiva dare spazio alla matrice culturale di ciò che ci circonda. Il significativo salto di qualità fu rappresentato dall’edizione straordinaria sull’assassinio di Aldo Moro da parte delle Br.

L’irruzione di Maglio, se così si può chiamare, nel panorama dell’informazione salentina con la sua direzione alla “Tribuna” servì a lacerare il velo dell’ingiustizia, dell’ipocrisia, del conformismo dando voce agli esclusi. Fu un importante biglietto da visita per il nuovo modo di fare informazione che stava nascendo nel Salento e che avrebbe più tardi costituito la ragione della sua esistenza con la creazione del “Quotidiano” il cui parto, è bene ricordare, fu lungo e travagliato, spesso contrastato dall’emergere di alcuni personalismi contro i quali Maglio seppe reagire sempre col dialogo, suo vero punto di forza nei progetti portati avanti con ammirevole determinazione. I tentativi, prima di giungere al risultato finale, furono innumerevoli fino al 22 marzo 1979 quando la “Tribuna” con la sua ultima pubblicazione passa il testimone al nascente “Quotidiano”, frutto di un incontro tra Maglio, sostenuto nell’iniziativa dal professore Bonea, e Claudio Signorile, esponente della corrente socialista di sinistra che faceva capo a Riccardo Lombardi. Una carta da giocare senza esitazione, risultata poi vincente a coronamento di un traguardo che Maglio aveva inseguito con pazienza durante sei lunghi anni.

Il 6 giugno 1979 vede la luce il primo numero del “Quotidiano di Lecce, Brindisi, Taranto”. Il progetto a cui Maglio si era dedicato senza lesinare energie, lo pone nel ruolo di vicedirettore responsabile del coordinamento  dove eccelle proponendo, impostando, organizzando e realizzando grandi iniziative e importanti campagne di stampa che lo videro sempre in prima fila: dall’eterna battaglia per il raddoppio del binario Lecce-Bari a quella per la realizzazione a Lecce di un polo oncologico. Dotato di una grande vena creativa, figlia di quella sua grande curiosità insaziabile, riusciva a farsi comprendere da tutti col suo stile inconfondibile, scorrevole, piacevole e al contempo essenziale. Vero laico, aveva alla base del suo credo quell’autonomia professionale che gli aveva precluso la possibilità di dirigere un giornale di rilevante impatto perché ritenuto inaffidabile dalle stanze del potere politico.

Tra un fondo di prima pagina (significativi e ancora attuali quelli che scrisse in occasione della caduta del Muro di Berlino) e un articolo sulla “sua magica” Budapest, o sulla cultura mitteleuropea, della cui essenza si nutriva, trovava il tempo nelle lunghe ore trascorse in redazione per mettere in piedi iniziative benefiche come i “quaderni della solidarietà”, oltre ad altri aiuti in favore dei bambini albanesi, mezzo per contrastare la povertà e l’ignoranza.

Ma il suo pezzo forte di cui si ricordano con ammirazione i lettori affezionati di quel “Quotidiano”, sono i famosi speciali inventati con l’intenzione di dare impulso alla diffusione del giornale con l’intento anche di arginare un po’ il dilagare di gadget messo in campo dai colossi dell’informazione. Ai fil in cassetta dell’Unità, tanto per fare un esempio, o ai classici del Novecento ristampati dalla Rizzoli per il Corriere della sera, Maglio preferì produrre ricerche storiche, andate a ruba, suddivise in fascicoli con cui rispolverò le tradizioni delle nostre popolazioni, fece conoscere ai più giovani gli intrecci delle vicende dei loro antenati, parafrasando quello che scrisse in un suo commento “le pietre parlano”. Un successo dietro l’altro, a cominciare da “Ieri – Immagini ritrovate a Brindisi, Lecce e Taranto”, proseguendo con  “Racconti sotto la luna”, “Lecce – Dentro la città”, e il famoso “Babbarabbà”, ristampato e diventato anche un libro. Seguono con pari successo: “Pani, pesci e briganti”, “Santi”, “Maleparole”, ”Gli stemmi raccontano”, “Concittadini”, “Rucola e caviale – Sapori antichi e nuovi della cucina jonico-salentina”, una raccolta di ricette di rinomati ristoratori pugliesi a cura dell’indimenticabile Rina Durante, altro pilastro (nelle prime stagioni diedero lustro alla testata salentina professionisti del calibro di Enzo Lucchi e Franco Prattico) del “Quotidiano” di quegli anni. Insomma, una gran mole di lavoro che si aggiungeva ai successi già conseguiti da “Tuttomercato”, incontrastato inserto settimanale di annunci economici, e dalle “Cento pagine” pubblicate puntualmente a Natale.

Nel novembre 1996, Antonio Maglio lascia la vicedirezione del “Quotidiano” per un’altra avventura dove mette ancora una volta in risalto le sue grandi capacità di facitore di giornali. Valigie alla mano, si trasferisce con la moglie Luisella in Canada, a Toronto, dove assume l’incarico di direttore editoriale del “Corriere Canadese”, quotidiano in lingua italiana per la numerosa comunità di connazionali. Durante la sua permanenza nel Nord America è anche vicepresidente operativo di Cogito (Consorzio giornali italiani transoceanici), avviando altre esperienza editoriali in Sud America e Australia, e collabora con il “Gruppo editoriale l’Espresso”, favorendo la diffusione in accoppiata di “Repubblica” con il “Corriere Canadese” e con “America Oggi”, quotidiano italiano di New York.

Nel 2003 rientra in Italia per motivi familiari e si stabilisce a Udine, città d’origine della moglie desiderosa di stare vicino agli anziani genitori, e da lì continua a collaborare con lo stesso “Corriere Canadese”, con alcune riviste e diversi giornali americani e con “Il Gazzettino” di Venezia. Ma, fatto strano, non con il “suo” Quotidiano dal quale senz’altro avrebbe meritato un trattamento diverso, riconoscendogli una continuità di rapporto da editorialista sulle pagine della sua creatura.

Colpito da un male incurabile, che si manifesta nell’estate 2006, Antonio si trasferisce per le cure in Inghilterra dove vive sua figlia Manuela. Muore il 13 gennaio 2007, le sue ceneri, per sua esplicita volontà, “dormono” sotto un albero del cimitero di Newcastle.

A lui è dedicato un premio giornalistico che si svolge ogni anno agli inizi di agosto ad Alezio ed è stata intitolata una via lungo viale Aldo Moro, a Lecce. Per il decimo anniversario della sua scomparsa,tra i progetti dell’Associazione a lui intitolata, presieduta dall’on. Giacinto Urso, c’è in cantiere una mostra fotografica.

Quel che è certo, un uomo della qualità di Antonio non è facile trovarlo. Resta, come dimostra questa storia, un esempio vivente per le prossime generazioni di giornalisti. Da quando ci ha lasciato tante cose sono cambiate, molte purtroppo in peggio. Ma la sua immagine, il suo luminoso sorriso, incorniciato  da una barba sempre ben curata con l’inseparabile pipa resta nitida. Né potrà il tempo scalfirla.

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